Al governo volano gli stracci

Una crisi di governo più volte annunciata, ma poi mai formalmente avanzata.

Fino a che oggi, Salvini ha deciso di varcare il Rubicone.

Le dimissioni di questo governo le chiedevano le opposizioni.

La destra rimasta fuori dai giochi, sia quella liberale, ed equilibrista che quella patriottica e passionaria, chiedevano da sempre un ricompattamento del fronte, anche se poi, una certa insofferenza, forse incompatibilità, tra il leader del passato ed i nuovi leader si è più volte apertamente manifestata.

Una lotta tra presunti duri e puri, e mediatori pronti ad accordarsi finanche con il nemico, chiaramente sempre per il bene del Paese…

Ognuno cucina la minestra secondo la ricetta più incline ai propri interessi per poi condirla e portarla a tavola come la migliore pietanza per il popolo italiano.

Di ricette ne abbiamo sentite tante, da destra e da sinistra, ma poi, gli spaghetti sono sempre scotti, le vongole poco veraci e l’olio di pessima qualità.

Tutti pronti ad alzare i muri o ad abbatterli, ma nessuno che si domanda dove sia il problema.

A sinistra, non trascorre giorno che l’attuale segretario, non inviti il governo a passare la mano.

Anche a sinistra c’è una gran voglia di trovare una quadra tra mille sfumature di rosso ed altrettante di bianco.

Il Partito Democratico, che nacque da una fusione fredda tra ex comunisti, democristiani e socialisti, rappresenta di fatto una coalizione che mette insieme un’alchimia straordinaria: “il compromesso storico allargato anche ai socialisti”. Ossia la negazione storica del compromesso, che nacque, senza successo, proprio per far fuori i socialisti dal governo.

Opera ardua che unisce anime diversissime che potrebbero trovare un punto d’intesa soltanto dinanzi ad un nemico comune.

La nuova sinistra pertanto, per rimanere unita e riguadagnare consensi non dovrà tanto pensare a ciò che è di sinistra, ma trovare un nemico comune.

Anche perché cosa è di sinistra?

Un tempo la sinistra era popolare ed a tutela dei diritti dei meno abbienti. Oggi non si comprende più. E’ più vicino al popolo un rampollo americano assassino bendato od un carabiniere morto ammazzato? Oggi è più abbiente chi ha un posto fisso od il rappresentante massimo del precariato, la semplice partita Iva? L’immigrazione incontrollata favorisce i ricchi o i poveri? Se al pronto soccorso il letto e’ occupato dal clandestino che denuncia dolore toracico persistente soltanto per avere vitto e riparo per la notte chi ci rimette è il povero disgraziato o il cittadino abbiente che ha le risorse finanziarie per ricoverarsi presso una clinica privata?

Se in una città ci sono degli irregolari che pesano sui servizi locali senza contribuire al costo di tali servizi tale costo verrà inevitabilmente ridistribuito tra tutti i cittadini regolarmente censiti. Ed allora la spesa aggiuntiva su chi grava di più su chi guadagna tanto che neanche se ne accorge del sovrapprezzo o sulle spalle del povero disgraziato che non arriva alla fine del mese? Una legge che consente la legittima difesa chi favorisce dall’aggressione dei criminali, il poveraccio che con sacrifici immensi porta avanti un’attività o chi ha i soldi per costruirsi Forte Apache? Considerando che l’85% degli italiani sono proprietari di case di cui circa il 75% di questi è riuscita nel nobile intento di intestarsi quattro mura a fronte di mutui trentennali rinunciando persino agli svaghi più elementari, mi chiedo dov’è che si rinviene il popolo? Tra chi furtivamente occupa ciò che non gli appartiene o tra chi difende ciò che si è conquistato con il sudore della fronte?

Dinanzi a cotanto rovescio, non mi è facile comprendere dove sia il dritto?

Sì! Forse per l’attuale sinistra, l’unica speranza è quella di rinvenire un nemico comune, e combatterlo a testa bassa. Anche perché ripensarsi vorrebbe forse dire dividersi o rinnegare gli ultimi 25 anni della propria storia.

I parlamenti in genere sono sempre conservativi, ma forse la destra, al netto dei conti da regolare al suo interno, un interesse reale alle urne ce l’ha.

Dai sondaggi infatti, oltre a palesare una sostanziale crescita, sembrerebbe avere i numeri per governare.

Salvini oggi, sembra interpretare più degli altri leader il sentimento degli italiani, anche se questo non significa automaticamente conoscere i rimedi per porre fine alle criticità e saperli adottare nell’interesse del Paese.

Un conto è denunciare, un conto è risolvere.

Finora al Governo c’è stato sempre l’alibi di chi accelera e di chi frena.

Perché dopotutto anche il morente governo è frutto di una fusione fredda.

Gli unici che probabilmente potrebbero soffrire più degli altri il ritorno alle urne potrebbero essere i pentastellati, che, ridimensionati dai sondaggi, rischiano di dover fare a meno di una intera classe dirigente che già avrebbe consumato i due mandati ti di cui disponeva.

Anche se poi, è difficile fare i conti senza l’oste, soprattutto quando l’oste è il popolo italiano.

In tutta questa vicenda la nota più stonata l’ha suonata il Presidente del Consiglio

che si è presentato ai cittadini, che non lo hanno votato, che non lo hanno eletto, ed anzi che neanche sapevano chi fosse, per raccontare vicende interne alla coalizione, non da super partes, ma da menestrello dispiaciuto ed irritato con chi avrebbe rotto l’incantesimo.

Ora premesso che il Ministro dell’Interno svolge un ruolo delicato che mal si associa a quello di un Segretario di partito.

Premesso che salire su una ruspa sia un atto dimostrativo, diciamo rafforzativo, praticamente inutile, anche perché la cosa importante è affermare il diritto con atti ufficiali, non dimostrare di averlo fatto con gli strumenti tipici della piazza.

Premesso che probabilmente i soldi in cassa sono pochi ed il documento economico è alle porte e quindi, possibilità di realizzare i sogni promessi è quanto mai scarsa.

Premesso ciò, trovo che, non il Ministro dell’Interno, ma il Segretario di partito possa legittimamente togliere il proprio sostegno al Governo, qualora ritenga faticoso se non impossibile il raggiungimento dei propri fini, e francamente che ci siano stati scontri quotidiani che hanno spesso paralizzato l’azione dell’esecutivo non è un fatto che si possa negare.

Pertanto, che il Presidente del Consiglio, come è accaduto sempre sino ad ora, non si limiti semplicemente a prendere atto della situazione e quindi a presentarsi alle camere, lo trovo francamente un modo di agire profondamente anomalo.

Mettere poi, in piazza responsabilità, comportamenti ed azioni dei membri del proprio governo, come se fossero soggetti esterni al governo stesso, è forse la prova provata dell’interesse esclusivo del Presidente (sino ad oggi comunque sostenuto da Salvini) al mantenimento del posto di potere, perché altrimenti se la dignità avesse preso il sopravvento, dinanzi ad una antifona tanto palese, le dimissioni avrebbero dovuto precedere e quindi, scongiurare la sfiducia.

Enrico Michetti


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