E’ atteso per domani la quarta e definitiva votazione sulla legge sulla riduzione del numero dei parlamentari, oggi al vaglio di un’Aula di Montecitorio quasi deserta. Solo una trentina di deputati, infatti, erano presenti questa mattina all’inizio della discussione generale.
Se il provvedimento, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle, dovesse essere approvato, gli onorevoli da 630 diventerebbero 400 e i senatori da 315 diventerebbero 200. Un taglio che equivarrebbe a un risparmio per le casse dello Stato di 100 milioni all’anno, 500 milioni di euro a legislatura.
A parlare di questa legge e di altri argomenti ai nostri microfoni Federico D’Incà, Ministro per i rapporti con il Parlamento del secondo Governo Conte.
Ecco l’intervista di Stefano Molinari.
Con questa legge, la Camera viene ridotta da 630 a 400, e il Senato da 315 a 200. Come siete arrivare a convincere i parlamentari più riottosi, o meglio, come dice qualcuno usando una metafora, i tacchini a far festa a Natale?
“Non chiamerei un tacchino un parlamentare, perché sono rappresentanti di un Paese. Semplicemente c’è stata la capacità di accogliere quella che era una richiesta dei cittadini, che chiedono da anni un Parlamento efficace. I parlamentari hanno dato piena disponibilità a seguire questo percorso. Tutti sanno perfettamente che, con la riduzione, ci saranno meno posti nella prossima legislatura. Però, se si fa per il bene del Paese, questo provvedimento deve essere visto come un miglioramento del nostro processo legislativo. E reputo che il M5S, che ha voluto questa riforma, nelle votazioni precedenti la Lega e in quelle di oggi PD, Liberi e Uguali ed Italia Viva, abbiano la volontà di cogliere questa opportunità e di inserirla in un percorso di riforme dei regolamenti di Camera e Senato”.
Che soluzione intravede per evitare i passaggi dei parlamentari da un gruppo d’appartenenza a un altro per maggiore convenienza, ovvero quello che viene definito il ‘mercato delle vacche’?
“Nella Prima Repubblica questi passaggi avvenivano molto meno, vi era forte collegamento col territorio. Oggi il parlamentare non è così collegato e si sente libero di potersi muovere. Quella che vedo come possibilità per migliorare e scoraggiare i cambi di casacca sono delle modifiche ai regolamenti di Camera e Senato. Possiamo togliere quella sorta di finanziamento collegato al singolo parlamentare, perché quando un parlamentare entra in un gruppo porta con sé una ‘dote’ per poter far funzionare al meglio il gruppo stesso. Se noi riduciamo questo montante collegato al parlamentare che si muove da un gruppo all’altro sicuramente non c’è più la possibilità di poter costruire un gruppo nuovo. Oltre a questo potremmo anche pensare che siccome all’inizio di ogni legislatura si dice che per formare un nuovo gruppo servono 10 senatori al Senato e 20 deputati alla Camera, potrebbe essere che in un momento successivo, quando si creano nuovi gruppi, questi numeri crescano. Potrebbe essere 20-30 senatori e 40 deputati. Così diventa più difficile costruire nuovi gruppi“.
Che rapporti, in questo momento, ci sono in Parlamento tra maggioranza e opposizione?
“Sono chiaramente tesi, però dobbiamo uscire da questo schema per quanto riguarda il voto sulla riduzione dei parlamentari. Credo che il Parlamento debba essere unito domani al voto, perché sono convinto che questo Governo durerà tre anni e mezzo. Credo che domani sarà un’occasione per dimostrare che il taglio dei parlamentari è un tema condiviso“.
Intravede altri provvedimenti trasversali che possano unire diverse forze politiche, come i provvedimenti sul fine vita o sull’ambiente?
“Posso capire che i parlamentari avranno sempre delle visioni differenti sul fine vita. Sull’ambiente invece credo che dovrebbe essere un tema aperto a maggioranza e a opposizione, perché tutti abbiamo figli e ci accorgiamo di come il clima è cambiato. E dobbiamo da qui al 2030, fare tutto il possibile su questo fronte. Anche su questo tema, quindi, potremmo lavorare assieme“.
Si sono verificati dei botta e risposta tra il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, e il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. E’ convinto che questo Governo durerà tre anni e mezzo, nonostante le tensioni all’interno della maggioranza?
“Le persone devono mettersi a lavorare, comunicare in modo più mite, cercando di andare sul pragmatico. Se dovessi intervenire in una discussione con Renzi e Orlando direi: qui non è questione di Leopolda o Papeete, ma di lavorare per il bene degli italiani. Occorre prima fare le cose e poi spiegarle, o ragionare insieme per fare un Paese migliore. E’ l’unica modalità che trovo giusta per questo Governo. Vedo che Conte, Di Maio, Delrio, Fornaro, capigruppo con cui mi confronto ogni giorno, sono persone che in fin dei conti trovano sempre un compromesso verso l’alto. Questo dovrebbe essere il tratto distintivo di questo Governo e di questo Parlamento. Se uno ha intenzione di fare il bene del Paese, deve lasciar stare i personalismi“.
LEGGI ANCHE:
- Il taglio dei Parlamentari è economicamente inutile
- Sgarbi: “Di Maio povero cretino, Governo di gente interessata solo a rimanere lì”
- “La politica è il nuovo posto fisso per la casta”. Intervista a Marcello Altamura