Chi non rispetta i servitori della patria non rispetta la patria

È legittima la difesa delle forze dell’ordine? Il dubbio viene ogni qual volta accadano eventi criminali in cui gli agenti della nostra sicurezza sacrificano la loro vita.

È inutile continuare a nascondere la diffidenza che una parte consistente del Paese manifesta nei confronti della divisa e talvolta delle istituzioni, che quell’uniforme rappresenta.

Una diffidenza, che troppo spesso trasmuta in una palese ostilità, se non in odio.

Non si comprende l’indulgenza che taluni manifestano verso feroci criminali che si sono macchiati di crimini orribili, mentre non hanno alcuna pietà per dei ragazzi che ogni giorno rischiano la propria vita per garantire la nostra sicurezza.

Continuare a fare finta di niente non giova perché ormai questo atteggiamento sta spaccando il Paese.

Fino a ieri le forze dell’ordine hanno sempre accettato supinamente qualsivoglia tipo di ingiuria, subito passivamente la reprimenda del circolo degli intellettuali, definiti tali più per fazione che per merito.

Anzi possiamo ormai affermare senza tema di smentita che per entrare in alcuni ambienti della cultura, del cinema, della canzone o ti piegavi alla liturgia imperante o la strada sarebbe stata tutta in salita ed irta di ostacoli.

Alcuni si son piegati per reali convinzioni ideologiche, tanti per fame e molti per ambizione.

La gente che scendeva in piazza per le grandi manifestazioni che poi hanno portato all’approvazione dello statuto dei lavoratori non amava gli scontri.

Sapeva che sarebbe stata dura e che il nemico non erano le forze dell’ordine, ma la violenza stragista di chi aveva evidentemente altri piani per il Paese.

Ed oggi probabilmente, leggendo con un po’ di attenzione la successione degli eventi nel tempo, iniziare a pensare che il periodo dell’eversione non fosse tutta farina del nostro sacco forse non ci allontana troppo dalla verità.

L’Italia usciva da una guerra rovinosa che ci vedeva perdenti e con il cappello in mano al cospetto delle forze alleate.

Il popolo era profondamente diviso, benché operoso ed unito nella ricostruzione.

La Costituzione sancì la vocazione democratica del paese anche se alcune forze politiche mantenevano ben saldi i contatti con regimi totalitari da cui ne traevano l’ispirazione ideologica ed il sostegno economico.

La Chiesa aveva un potere indiscusso sulle anime e diffondeva i suoi precetti.

Le potenze straniere ci guardavano con diffidenza perché il paese pur aderendo pienamente e direi incondizionatamente alla scelta atlantica al suo interno vedeva convivere da una parte il consistente “blocco rosso” e dall’altro la democrazia cristiana e le forze liberali.

Don Camillo e Peppone.

Ma la politica al tempo, era di buon livello e non aveva certo bisogno della demagogia e della violenza per perseguire i propri fini.

Certo gli scontri in piazza ci sono stati, ma mentre Pasolini cercava di far capire che le forze dell’ordine fossero figli del popolo al pari dei manifestanti, una parte dell’intellighenzia iniziava a spargere il seme della discordia in maniera sempre più odiosa e rancorosa.

Tanti furono ostaggio di quella predicazione meschina, molti intrapresero la strada del terrorismo, qualcuno quella della delinquenza comune con il paravento ideologico al solo fine di lucrare benefici.

Anche nelle forze dell’ordine vi furono defezioni e distorsioni, ma a morire sulla strada erano sempre i poveracci che perivano nell’esercizio del proprio dovere.

Nel frattempo, cessato il periodo del terrorismo in cui polizia e carabinieri hanno pagato il tributo più alto in termini di vittime, particolare che pochi rammentano, quell’intellighenzia, abbandonato il terreno della battaglia, peraltro mai combattuta in prima persona, forse scritta e cantata, sicuramente istigata, … cambiarono linea di azione.

Tanti di loro divennero manager, altri si affermarono nel mondo del giornalismo, della cultura letteraria e musicale, altri divennero magistrati ed infine molti di loro entrarono in parlamento.

Fecero tutti carriera. Si appoggiarono l’un l’altro. Fecero squadra in ragione dell’appartenenza, ma soprattutto per evidenti ragioni opportunistiche.

Sostituirono l’eskimo con il cachemire, le riunioni in sezione, con le gite in barca a Porto Cervo, e rispetto al loro passato manifestavano una certa irritazione nei confronti di chi osasse ricordarlo.

Ben presto abbandonarono i vecchi compagni di ventura quelli che avevano indottrinato e che si erano purtroppo compromessi, per lo più la gente del popolo, alcuni con minor istruzione, ma molto spesso con molta più convinzione.

Li buttarono a mare dopo averli utilizzati per la manovalanza più esposta e sacrificata.

Per evitare ritorsioni da parte di coloro che avevano sedotto ed abbandonato, perché ormai scomodi e marchiati, continuarono a far vivere dall’alto della carta stampata, del circuito mediatico, del Parlamento, dei circoli culturali, dei vertici para lobbistici del capitalismo finanziario, … il culto dei soliti nemici, tra cui le forze dell’ordine.

Nel frattempo gli uomini della sicurezza continuavano a morire sempre meno protetti e sempre più soli.

Mentre i loro assassini trovavano sempre maggiori garanzie e giustificazioni ed ogni reazione delle forze dell’ordine veniva immediatamente etichettata come violenza o abuso.

Il parlamento intanto, smantellava sistematicamente la protezione di chi era in prima linea nel contrasto alla criminalità.

Le carriere dei benpensanti continuavano a mietere successi, denaro e provviste d’ogni genere, ma questo non li distraeva dal continuare la lotta nei confronti di quelle istituzioni che continuavano a spolpare con i loro loschi affari presidiando i posti di potere.

Nel frattempo l’intellighenzia predatoria ha iniziato nuovamente a predicare, sempre per i suoi cinici interessi speculativi, bontà e solidarietà verso il mondo intero, tranne che i nuovi poveracci, tutti italiani tra cui precari di ogni tipo, salariati sottopagati, artigiani, bottegai, piccoli imprenditori, partite iva, autonomi e le solite forze dell’ordine.

Facile prendersela con i servitori dello stato soltanto perché per legge non possono difendersi neanche dagli sputi.

Questi mascalzoni dalle loro regge dorate e dai loro altolocati incarichi di potere lasciano, ancor oggi, meschinamente intendere al popolo che sfila in corteo che chi presidia la sicurezza sia il vero ostacolo al raggiungimento dei fini perseguiti dai manifestanti.

Una distorsione ideologica che induce fraudolentemente a scambiare la forza delle istituzioni nel verso del rispetto delle leggi in violenza nei confronti del cittadino.

La forza delle istituzioni è quel bene prezioso che da una parte protegge il paese dall’anarchia e dall’altra tutela la libertà del cittadino e dei suoi diritti nei confronti di chi li vorrebbe prepotentemente offuscare o illecitamente reprimere.

Dopotutto uno Stato debole ed ridotto all’incapacità di difendersi rappresenta il terreno più fertile per chi coltivi interessi rapaci ed egoistici distraendo e manipolando le masse.

Abbiamo toccato il fondo quando volevano far credere che i veri carnefici fossero coloro che pretendevano la galera per il pluriomicida Battisti o coloro che si sono indignati dinanzi alla pericolosa arroganza di Carola.

Cari signori dell’intellighenzia che governate l’informazione e gran parte della finanza… io non vi ho mai seguito, mai stimato… e quando l’altra sera la Rai ha silenziato l’informazione su quanto stesse accadendo a Trieste non mi sono meravigliato di nulla… mi è sembrata la norma purtroppo.

Mio padre mi diceva quando ero poco più che un bambino che dinanzi a qualsivoglia difficoltà mi fossi trovato se avessi visto una divisa delle forze dell’ordine a loro mi sarei dovuto rivolgere perché attraverso il loro servizio, e talvolta sacrificio, lo stato ci protegge.

Quando poi, mi sono ritrovato padre, ai miei figli ho detto la medesima cosa e spero che i miei figli la ripetano ai loro.

È venuto il momento di difendere apertamente le istituzioni e quindi le forze dell’ordine da questa marmaglia cinica e distruttiva e dai loro proseliti (talvolta inconsapevoli), che vorrebbero smantellare una democrazia, una tradizione, una cultura ed una vocazione autenticamente umanitaria di un popolo che, senza questi cinici speculatori del pensiero, non conoscerebbe odio.

Enrico Michetti


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