Roma, il minimo sindacale

Una serata in cui la Roma può permettersi di scegliere ad arte il dosaggio dei ritmi, anche se gli austriaci non scendono mai al di sotto della soglia sindacale del decoro. Come la giri la giri, Dzeko la domina, la caratterizza, la firma: guadagna il rigore del primo vantaggio, mette dentro il due a uno, nella prima frazione. Bene Perotti, come suggeritore e per il consueto rigore da pasticceria calcistica. Dura un’ora, ma la sensazione è che lo si rivedrà contro la Spal.

Riacciuffano due volte il risultato, Niangbo e compagni: merito loro e del crescendo delle trame di gioco che evidenziano nella ripresa, ma molto incide il sostanziale calo di tensione dei giallorossi, scesi con il contrappeso della pressoché totale certezza della qualificazione ai sedicesimi. Giocare al gatto col topo, almeno nelle intenzioni, non ammette una così numerosa serie di distrazioni. 

Ci si aspettava un Ünder affamato, alla fine dei conti bisogna annotare che si ferma all’aperitivo, a livello prestazionale. Più utile tatticamente Mkhitaryan, per quanto anche lui poco appariscente a livello di colpi. 
Nota a margine: forse a livello ambientale ci si aspettava un po’ di calore in più, per Alessandro Florenzi, per una serie di ragioni che sommano la cronaca alla storia recente. 

Accade di tutto, nell’altra gara del girone: fuori i tedeschi? Se la Roma non trova il guizzo sono ancora più amare le considerazioni. 
Finisce così, più che altro con un monito: alla ripresa, questa competizione sarà una sorta di Champions 2: essersi mangiati per indolenza la possibilità di un sorteggio più benevolo è stato abbastanza delittuoso.

Paolo Marcacci