Insegno in una scuola che si trova nel Municipio 14, nei pressi di Via Boccea, quindi molto più vicino alla cintura periferica che al centro della città, ammesso che la distinzione abbia senso, oggi.
Abbiamo allievi di nazionalità rumena, bosniaca, croata, congolese, indiana, cingalese, nigeriana, italiana e chi più ne ha più ne metta.
Sono di religione cattolica, ortodossa, protestante, induista, islamica; qualcuno si professa ateo, forse senza esserne così consapevole.
Tutti, però, indistintamente, si soffermano ad ammirare il grande presepe che abbiamo nell’atrio del terzo piano, accanto alla cattedra dei collaboratori scolastici. Gli piacciono i ruscelli fatti di carta stagnola, le colline di cartone con il muschio appiccicato sopra, le statuine di dimensioni variabili sistemate in prospettiva. Nessuno di loro si sente escluso, o discriminato.
Nessuno ci ha obbligato ad allestirlo, quel presepe, nessuno ce lo potrebbe vietare.
È il mio contributo, forse nullo, alle polemiche di questi giorni.
Paolo Marcacci