La Chiesa verso la globalizzazione

Mi trovavo in Veneto la notte di Natale in un medio comune dell’alto vicentino, un’area cattolicissima, dove peraltro, la lega miete quasi il 60% dei consensi. 

Lì la Chiesa è rimasta quella della tradizione che accompagna il popolo, non lo divide, tiene a bada la politica, rispetta i costumi e le usanze più antiche ed in occasione delle festività le rievoca con una liturgia che si confonde con lo spirito, il carattere, la consuetudine e soprattutto il calore di un tempo.  

Un calore che la Chiesa moderna non riesce più ad infondere.

La globalizzazione ecumenica, scelta commerciale di moderno proselitismo, bolla il passato come retrogrado e spesso razzista. 

Dimentica i singoli popoli per creare artificiosamente una somma indistinta di esseri umani spogliati delle loro radici e tradizioni, dietro il collante di una solidarietà apolide, ipocrita e speculativa. 

Vade retro Satana diceva la Chiesa millenaria. Oggi chi è Satana? 

Satana è sicuramente chi ci vorrebbe smemorati e chi ci vorrebbe allontanare dai Padri. 

Roma teneva acceso il focolare delle sue tradizioni. Il Senato proteggeva i costumi e lo spirito della città eterna. 

E tutti sapevano che Roma non sarebbe mai crollata fin tanto che avesse ben conservato e custodito il suo spirito, la grande eredità spirituale di cui erano depositari gli anziani. 

La Chiesa oggi purtroppo sta trascurando il suo popolo tradizionale per abbracciarne uno sempre più vasto, più lontano e soprattutto meno conosciuto. 

Il suo calore sempre più indirizzato a distanza nel disperdersi arriva più tiepido ai vicini. 

Il Papa è anche il Vescovo di Roma, ma non se lo ricorda quasi più nessuno. Un tempo non era così. 

Roma viveva in simbiosi con il Papa, oggi quasi non lo riconosce ed anzi il Vaticano sta assumendo sempre più il ruolo di un semplice stato straniero. 

Il Papà non parla più alla sua gente, a quella con cui ha condiviso la storia, ma sempre e soltanto al mondo. 

La Chiesa di Roma sembra preoccuparsi più dell’infedele che del fedele. Quasi che non si fidasse più del fedele ed avesse bisogno di trovare nuovi fedeli altrove.

Nel duecento, nel trecento e poi nel rinascimento la storia delle città e delle signorie e poi dei primi stati preunitari della nostra penisola vivevano la loro storia affianco alla croce, la cultura la tramandava e l’arte la rappresentava. 

La croce poi, invadeva il campo della politica, dell’economia e della società in genere. 

La fede unita alla cultura del nostro popolo generò il più grande patrimonio artistico che il mondo attualmente possieda. 

Era un tutt’uno. Territorio, popolo e fede.

Alla fine delle grandi guerre nacque addirittura la Democrazia Cristiana. 

In un periodo in cui infuriava lo scontro sociale alla lotta di classe il partito dei cattolici rispondeva con la solidarietà tra le diverse classi sociali e la Chiesa teneva alta e costante la sua opera di pacificazione. 

Vinse il confronto con l’internazionale socialista nella sua vulgata bolscevica, una prima forma di oppressiva globalizzazione politica economica.  

Son trascorsi settant’anni e la democrazia cristiana è morta e sepolta da diversi lustri. 

La Chiesa un tempo reazionaria e conservatrice ormai strizza l’occhio alla piazza disfattista e ammaliatrice.

Resta silente dinanzi a manifestazioni discinte e finanche offensive del pubblico pudore. 

Si ammorbidisce per allargare il proprio raggio d’azione e solidarizza con i nemici di un tempo. 

Una Chiesa in piena metamorfosi. 

Posso soltanto immaginare due Papi diversissimi come Pio XII e Giovanni XXIII come sarebbero stati uniti dinanzi alla piazza delle ONG, dell’antistato, dei migranti economici (quanto di più discriminatorio si possa pronunciare, affibbiare ad un essere umano il titolo di merce), che non disdegna la droga libera, che etichetta chi difende l’italianita’come odiatore e che offuscata dal proprio razzismo vede ovunque il razzismo altrui dove non esiste. 

Quella piazza, i cui esponenti presidiano i luoghi della comunicazione di massa, che decide di odiare e combattere, in maniera liberticida ed antidemocratica,  non lesinando il ricorso alla galera nei confronti di  chiunque la possa pensare diversamente da essa. 

Da cristiano cattolico prima per tradizione, poi per scelta, stento a riconoscere la Chiesa di Roma che resta indifferente a tutto, a cominciare dal degrado cittadino. Un po’come quella persona che si occupa a tempo pieno del sociale e poi dimentica la propria famiglia. 

Abbiamo forse bisogno che ritorni un Papa nostrano (son trascorsi 40 anni, salvo la parentesi di un mese) che inizi di nuovo in maniera ferma ad occuparsi dei suoi fedeli più prossimi (il contesto storicamente cattolico), da troppo tempo trascurati.

Roma rappresenta ancora la testimonianza più fulgida e viva dell’immagine del cattolicesimo nel mondo, perdere pian piano la città eterna (e le religiosissime aree del nord e del sud del nostro Paese) significherebbe per la Chiesa perdere se stessa.

Enrico Michetti