Baccalà e stoccafisso: ricette, curiosità e tradizione

Due prodotti ittici conservati che sono tra i più amati delle tavole nostrane tutto l’anno… ma ancor più a Natale!

I festeggiamenti del Natale annoverano caratteristiche gastronomiche tradizionali definibili pressoché irrinunciabili, presenti da nord a sud del nostro paese, accomunati dal panettone e dal pandoro ma non solo: se vi è un ingrediente che accomuna tutte le tavole nazionali nei giorni del periodo natalizio, questo è di certo il baccalà o la sua versione essiccata, lo stoccafisso, di cui l’Italia risulta attualmente il secondo paese maggiormente consumatore nel mondo (dopo il Portogallo). 

Il baccalà rappresenta la versione “a lunga conservazione” del merluzzo dei mari nordici; più precisamente quello per la produzione di questo alimento sottoposto a salagione è della specie Gadus macrocephaluse viene pescato specialmente nel Pacifico settentrionale, mentre quello dello stoccafisso è della specie Gadus morhua morhuae si pesca nell’Atlantico settentrionale. 

Si tratta di due prodotti semplici, genuini e umili, ma squisiti così come sono, permettendo a tutti coloro che sanno trovare l’eccellenza nella semplicità di godere del loro ineguagliabile ed inconfondibile sapore. 

In tanti Paesi europei, Italia compresa, ma in particolar modo in Portogallo, si assiste a una vera e propria devozione per questo alimento. Un amore nutrito in particolare per la sua parte più tenera, quella che si definisce cuore e che a Napoli prende il nome di mussillo: i veri intenditori di baccalà lo preferiscono a qualunque altra cosa perché è così delicato e saporito da sciogliersi in bocca a creare un tripudio di sapori.

Salagione ed essiccazione trovano il loro fondamento negli usi degli antichi pescatori che per conservare il prodotto sino ai giorni di vendita, molto lontani da quelli di pesca, che non avevano a disposizione altro che il sale e il sole per conservare senza deteriorare la carne di merluzzo.

A titolo di curiosità, il nome baccalà sembra derivi dalla parola tedesca bakkel-jau che significa “pesce salato”, trasposizione di bakel-jau che significa “duro come una corda”; in analogia in molti paesi neolatini si fa riferimento proprio  a questo significato. In Sicilia, in Calabria e anche in altre regioni lo stoccafisso viene chiamato pesce stocco (o semplicemente stocco) o piscistoccu, ed è particolarmente legato alle città dello stretto di Messina, mentre in Liguria viene chiamato stocchefisciu, anche abbreviato in stoccu. 

La produzione dello stoccafisso è praticamente esclusiva della Norvegia, quella del baccalà si allarga a Islanda, Danimarca, Spagna e Canada atlantico.

Entrambi i prodotti sono protagonisti delle nostre cucine regionali. Lo stoccafisso è molto utilizzato in Veneto, Liguria, Campania, Marche, Calabria e nella zona di Messina; il baccalà soprattutto in Toscana, Lazio, Campania, Marche, Umbria, Abruzzo e Sicilia. Sia la Regione Liguria che la Regione Calabria hanno conferito allo stoccafisso il riconoscimento di S.A.T., cioè specialità agroalimentare tradizionale (quello di Mammola per la Calabria e quello di Badalucco per la Liguria).

La produzione del baccalà si realizza decapitando e pulendo il merluzzo, ponendolo in vasche e ricoprendolo di sale, per poi lasciarlo per circa tre settimane nella salamoia che si forma grazie ai liquidi rilasciati dal pesce stesso, in celle refrigerate e rigirando i pesci ogni 4-5 giorni.

Trascorso questo periodo, il pesce viene tolto dalla salamoia, classificato e imballato. Può essere inoltre effettuata una seconda salatura per due ulteriori settimane, o si può sottoporre il baccalà ad essiccazione in tunnel per 2-4 giorni: in questo caso il suo sapore si presenta più intenso.

Per la produzione dello stoccafisso, il merluzzo viene lavorato immediatamente dopo la cattura, eliminando testa e viscere, per poi porlo a essiccare- intero o aperto a formare le cosiddette ali- su appositi supporti all’aria aperta, in modo da lasciarlo sotto l’azione di sole, vento e freddo(esclusa la pioggia, perciò il tutto avviene sotto controllo di speciali operatori). Le basse temperature del periodo nella Scandinavia, rendono la carne secca ma conservano intatti tutti i costituenti, specialmente le proteine. 

Ciò che bisogna evitare è che la carne congeli, perché il ghiaccio distrugge le fibre e dà luogo ad un prodotto finale scadente, che subito evidenzia i difetti dopo la ripresa in acqua prima dell’uso. Dopo circa tre mesi all’aperto, lo stoccafisso matura per altri 2-3 mesi al chiuso, in un ambiente secco e ben ventilato.

Al termine dell’essiccamento, il pesce ha perso circa il 70% del suo contenuto originario di acqua ma ha mantenuto i suoi principi nutritivi.

Sia nella filiera di produzione del baccalà che dello stoccafisso è fondamentale l’impiego del selezionatore, il vrakeren, un macchinario capace di selezionare le unità di prodotto in modo da evitare che sul mercato giungano soggetti con macchie di sangue, residui di fegato, macchie di muffa o segni di attacchi batterici. Tutti elementi che si evidenzierebbero subito dopo aver fatto riprendere i due prodotti in acqua fredda.

Sia la lavorazione del baccalà che dello stoccafisso non si avvalgono di additivi e ricorrono all’impiego merluzzi di alta qualità; questo perché se si usa pesce di bassa qualità, i difetti che si presentano al suo stato fresco vengono nascosti con salagione ed essiccazione, ma ricompaiono, anche peggiorati, dopo il rinvenimento del prodotto.

A tal proposito ricordiamo che tanto il baccalà quanto lo stoccafisso, per essere utilizzabili, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda, che provvede ad eliminare il sale in eccesso per il primo, e a restituire ai tessuti l’originale consistenza nel secondo.

La durata dell’ammollo è indicata in 3 giorni e deve avvenire rigorosamente in acqua fredda. con cambio della stessa ogni 24 ore.

Purtroppo anche il mondo di baccalà e stoccafissi non è esente dal poter rendere il consumatore vittima di possibili truffe. In commercio si trovano anche prodotti simili al baccalà, merluzzi salati “freschi”, che non vengono stagionati per 2-4 settimane ma vengono venduti il giorno dopo la salagione. Per evitare di incorrere in questi acquisti poco onesti, basta esercitare sulla carne una piccola pressione con un dito per verificare se esce una soluzione acquosa. In caso positivo si tratta di merluzzo fresco appena salato e non di baccalà, perché quest’ultimo deve essere secco grazie alla disidratazione dovuta proprio al sale, il quale se vogliamo dirla in breve “cuoce” già in parte la carne del pesce, rendendola non umida.

L’altro elemento discriminante è il prezzo: se costa poco in tutta probabilità non si tratta di baccalà ma sempre del suddetto merluzzo fresco salato il giorno prima.

Fonte: Prodigus.it