Gli scarti delle arance diventano una risorsa preziosa. Composti bioattivi e funzionali vengono estratti, senza l’impiego di solventi, dal pastazzo di arancia.
Si tratta di quel residuo umido (bucce e resti di polpa), che potremmo definire scorie della produzione industriale di succo di agrumi. Rappresenta il 50% del peso della frutta impiegata nel processo. In Italia e negli altri paesi si produrrebbe una quantità incredibile di pastazzo: milioni di tonnellate all’anno. Materia che può essere nuovamente impiegata, stando ai risultati di uno studio condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (d’ora in poi Cnr), in collaborazione con il Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’Università di Firenze. Alla ricerca ha partecipato anche il Centro de Quìmica-Fisica Molecular e l’IN Institute of Nanoscience e Nanotechnology di Lisbona.
Lo scarto naturale di un processo industriale può essere trasformato, in una soluzione a base di acqua e pastazzo, in oli essenziali, polifenoli antiossidanti e pectina, mentre gli ulteriori scarti del processo diventano fonti di biometano. La definizione di biometano comprende anche il combustibile prodotto tramite processi di conversione in metano dell’idrogeno ottenuto dalle fonti rinnovabili.
Per quel che riguarda il pastazzo, invece, da rifiuto ingombrante che era, sta rapidamente diventando una fonte inesauribile di idee ecologiche. Ci sono addirittura aziende che hanno pensato di utilizzarlo per produrre un tessuto speciale: sostenibile, innanzitutto, e vitaminico. Un materiale che somiglierebbe alla seta, che avrebbe addirittura effetti benefici sulla pelle.
Per tornare invece alla ricerca del Cnr, essa ha per la prima volta, applicato al prodotto di scarto agro-industriale, i processi di cavitazione idrodinamica, procedure efficienti e, in qualche modo, pro ambiente. La possibilità di evitare l’uso dei solventi, per il trattamento di alcuni prodotti, come il pastazzo, apre scenari molto interessanti, per gli imprenditori, in ambiti diversi. Gli scienziati del Cnr sostengono che le tecnologie basate sulla cavitazione idrodinamica siano sempre più funzionali alla bioeconomia.
Questo non è l’unico fronte sul quale si registrano notevoli passi in avanti; cresce il numero delle aziende interessate a modelli di produzione o di riciclo dei cosiddetti scarti, in linea con le necessità dell’ambiente. Processi produttivi che riducano l’impatto ambientale delle attività industriali. I ricercatori sono al lavoro da tempo, ormai, su una strada che promette di arrivare a mete inimmaginabili, a risultati ottimi; non solo per i consumatori, ma anche per i produttori e soprattutto per il pianeta.
Fonte: Prodigus.it