L’economia italiana è entrata in recessione tecnica. L’Istat ha certificato che nel quarto trimestre del 2018 il Pil è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,1% in termini tendenziali. Si tratta del secondo calo congiunturale consecutivo dopo il -0,1% del terzo trimestre dello scorso anno, primo segno negativo dal secondo trimestre del 2014.
A soffrire subito del dato sono state le banche, mentre sullo spread non ci sono stati effetti rilevanti. La peggiore a Piazza Affari è stata Bper, maglia nera, che chiude in calo di oltre 6 punti percentuali, seguita da Banco Bpm (-4,86%), Ubi (-4,72%) e Unicredit (-4%). Intesa Sanpaolo cede il 3,21%.
Il premier Giuseppe Conte in parte lo aveva già annunciato mercoledì dicendo di aspettarsi “un’ulteriore contrazione del Pil nel quarto trimestre”. “Nessuna preoccupazione” afferma però il presidente del Consiglio secondo il quale era già “prevista ed è collegata a fattori transitori esterni alla nostra economia”. A confermare che si tratta di “un dato atteso”, “determinato dal ciclo economico europeo”, è stato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Per il vicepremier Luigi Di Maio “i dati Istat dimostrano un dato fondamentale e cioè che chi stava al governo prima ci ha mentito, non ci ha portato mai fuori dalla crisi”. In ogni caso, “non credo che ci sia bisogno di correggere le stime”. Immediata la replica dell’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che parla di “un’affermazione o ignorante o in malafede, basta guardare i dati per rendersi conto”. Per Padoan “i problemi per il Paese sono cominciati quando questa maggioranza si è formata come dimostra l’andamento dello spread e le conseguenze recessive che ne sono seguite”. Per il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia, bisogna reagire subito al rallentamento dell’economia che a gennaio potrebbe vedere un calo maggiore di quello registrato a dicembre.
Ma cosa significa recessione tecnica?
Una recessione è un calo significativo dell’attività di tutta l’economia con una durata di oltre qualche mese, si legge su Money.it. È possibile riscontrare una recessione nella produzione industriale, nell’occupazione, nel reddito reale e nel commercio all’ingrosso e al dettaglio. L’indicatore tecnico di una recessione è dato, secondo la scuola economica tradizionale, da due trimestri consecutivi di crescita economica negativa misurata dal Prodotto interno lordo (Pil).
La recessione è una fase normale, seppur sgradevole, del ciclo economico. Tuttavia, anche degli eventi di rischio improvvisi possono spesso innescare l’inizio di una recessione. La recessione globale del 2007-2009 è stata causata dalle strategie di investimento rischiose usate dalle grandi istituzioni finanziarie mondiali e da un sistema finanziario malato. A causa della grande recessione mondiale, le economie di quasi tutte le nazioni sviluppate e dei paesi in via di sviluppo hanno subito dei crolli importanti.
È opportuno riportare le dovute differenze rispetto ad altri termini in voga sullo stesso tema: in via ufficiosa, ovvero non riconosciuta in definitiva da organi competenti, parliamo di recessione economica quando il Pil è è negativo su base annuale, ovvero rispetto all’anno precedente, mentre parliamo di crisi economica quando il Pil annualizzato arriva a superare la soglia negativa del -1%. L’Italia è entrata in quella che viene definita recessione tecnica a seguito della pubblicazione degli ultimi dati Istat che mostrano una crescita in negativo per il quarto trimestre 2018 dello 0,2%, una delusione per gli analisti che avevano previsto una flessione dello 0,1%. Per il terzo trimestre l’Istat aveva già riferito una decrescita dello 0,1%, fattore che ha gettato le basi affinché si potesse iniziare a parlare di recessione tecnica.
Oltre alla rilevazione di trimestri consecutivi di calo del Pil, gli economisti valutano diverse metriche per determinare se vi è una recessione imminente o se è già in atto. Questi indicatori sono divisi in due categorie: indicatori leading (primari) indicatori lagging (differiti). Gli indicatori primari si materializzano prima che una recessione venga dichiarata ufficialmente. Tra questi, il più comune è la contrazione del mercato azionario. Nella teoria economica una discesa dell’indice azionario di riferimento di un Paese si verifica diversi mesi prima che si formi una recessione. E’ il caso dell’Italia: il Ftse Mib nel corso del 2018 è sceso di oltre il 17%. La storia economica ci mostra che, solitamente, una recessione dura dai sei ai 18 mesi.
Non esiste una metodologia affidabile per prevedere come e quando si verificherà una recessione. Tuttavia, secondo molti economisti, esistono degli indicatori, anche se non universalmente riconosciuti, che possono anticipare una recessione se presenti in contemporanea. Tra questi, troviamo: un calo dei prezzi degli strumenti finanziari, l’andamento del tasso di disoccupazione e una curva dei rendimenti invertita. Quando i rendimenti a lungo termine scendono al di sotto di quelli a breve termine (i titoli decennali rispetto a quelli a 3 mesi), si verifica una recessione. Viceversa, una curva positiva, orientata nella direzione opposta, segnala una crescita.