Ci tocca di nuovo essere alle prese con Matteo Salvini, il quale in cerca di visibilità a tutti i costi adesso tira fuori una cosa nuova sull’aborto.
Secondo lui infatti l’aborto è frutto di una vita incivile.
Nei Pronto Soccorso – dice lui – se ne fanno molti, magari tre o quattro al mese allegramente, come se non si trattasse di una tragedia per le donne, come se tutti non auspicassero che non ci sarebbero motivi per praticarlo.
Salvini sembra dimenticare tutti questi drammi e taglia per le spicce, raccontandoci di una vita che non è vera e di una realtà che non c’è.
Tutto per fare notizia, tutto per prendere qualche briciolo di consenso tra le frange più conservatrici della società.
Facciamo volentieri a meno di questo tipo di dichiarazioni
Ma soprattutto facciamo a meno di dichiarazioni di maschi che discettano sul corpo delle femmine.
Lo abbiamo fatto per anni, per decenni, per secoli: da sempre distruggiamo quella che dovrebbe essere una parità sociale (senza disconoscere la differenza biologica che esiste tra sesso maschile e femminile).
Solo le donne dovrebbero disquisire su questo, non si dovrebbe nemmeno legiferare su una questione in cui una donna dovrebbe gestirsi la cosa per conto suo nella maniera che ritiene più opportuna. Nessuna donna è “leggera” da questo punto di vista, si sa bene cosa vuol dire interrompere una gravidanza.
Per questo lo Stato deve mettere in condizione di farlo in sicurezza, altrimenti si torna al tempo delle “mammane”, in cui complessivamente gli aborti erano quasi il doppio di quelli odierni.
Ecco perché di queste esternazioni ne facciamo volentieri a meno, ecco perché sarebbe opportuno che si lasciassero questi temi socialmente sensibili fuori dall’agone politico.
C’è stata difatti una frettolosa marcia indietro, Giorgia Meloni ha addirittura ripreso Salvini, dicendo che forse non intendeva dire quel che ha detto.
Ma se sono tante le volte in cui sei costretto a dire “non volevo dire così“, “non intendevo questo“, non significa che ti esprimi male, significa che ragioni male.
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