Non è uno spezzatino. E’ una porcheria, sostantivo di gran moda nel mondo del football italo-americano.
Mezzo campionato fermo, l’altra metà in campo e, adesso la prospettiva di giocare a porte chiuse.
Roba da matti.
Dunque lo Stato, in pieno panico, impone il rinvio delle partite, ma non tutte, chissenefrega del calendario. Non affronta il problema, lo usa in modo demagogico, pensa di lavarsi non soltanto le mani ma anche la coscienza, chiede sacrifici ai cittadini, come usa fare, non garantendo nulla in cambio. Anzi.
Vuole che si giochi a porte chiuse? Bene, paghi il dovuto, risarcisca i club penalizzati nella bigliettazione e nella quota abbonamenti, provveda a dare un significato a decisioni che cercano l’applauso e sono di un repertorio antico.
Nessuno sa che cosa potrà accadere domani, nessuno sa se l’Uefa deciderà di spostare la partita dell’Inter in un’altra regione o se imporrà le porte chiuse. Nessuno sa che cosa deciderà la federcalcio italiano sul prossimo turno di calendario che prevede Juventus-Inter.
Forse la Juventus rinuncerà a cinque milioni di incasso? Forse l’Inter pagherà un altro dazio dopo quello della coppa?
Il ministro dello Sport ha creato un precedente, i gestori del calcio lo hanno imitato come cartonati sugli spalti di arene deserte e silenziose ma è l’emblema di un Paese che va alla deriva, spaventato da se stesso, incapace di crescere, di studiare, di migliorare, di essere l’Italia, non soltanto quella del football, degli italiani.
O forse è questa l’Italia che ci meritiamo. Ovviamente oggi parleremo di arbitri, di rigori e di lotta per lo scudetto.
Tony Damascelli