Quando fu inventata la moneta gli uomini iniziarono a concepire il commercio e in genere gli affari in modo diverso.
Mutò radicalmente l’organizzazione del lavoro, della produzione e degli scambi, sino ad allora limitati al baratto.
Improvvisamente nel mondo si assistette al nascere di una economia nuova in cui si udivano i primi gemiti della finanza reale.
La moneta divenne l’unità di misura per gli scambi.
Ma divenne anche uno strumento di potere.
I forzieri rappresentavano la ricchezza di una corona, e quindi di un regno o di uno stato.
Offrivano grande disponibilità di acquisire servigi o dotarsi di milizie ed armi per arginare l’arroganza degli invasori o per promuovere la conquista di nuovi territori.
La moneta rimase sempre un mezzo e mai un fine.
L’uomo attraverso la moneta poteva dar valore alle proprie aspirazioni ed approvvigionare le proprie imprese.
La grande bellezza del nostro Paese è stata per lo più alimentata dall’associazione costante tra una buona testa ed un discreto capitale. I mecenati ne furono un esempio.
Pecunia non olet, dicevano i romani. Il denaro non puzza. Come a dire che l’accumulo di ricchezze potesse dispensare l’uomo dalla cura dei valori.
Gli imperatori, ma come del resto i senatori, sapevano bene che il denaro era necessario alla conservazione dell’impero, ma prima ancora era indispensabile alle loro carriere.
Non trascuravano i valori, i costumi e la tradizione dei Padri, anzi li consideravano indispensabili al mantenimento della sovranità di Roma sul mondo.
Ma conoscevano bene le arti della seduzione e quindi, come indebolire le difese di chi intendessero “comprare”.
Al di là dei valori ogni uomo ha un prezzo, o meglio una debolezza. La filosofia romana talvolta fu algida, cinica e finanche sprezzante, ma straordinariamente concreta.
Un mix che univa lo spirito alla materia in modo così elementare dal far ritenere tale processo poco evoluto.
Sottovalutando il fatto che i romani furono tra i più grandi interpreti, in ogni cosa si fossero cimentati, di una raffinata, duratura e remunerativa semplicità.
I sacerdoti leggevano i segni provenienti dai fenomeni naturali, ma il dittatore ed il console, per avere il rispetto delle legioni, dovevano conoscere le tecniche per costruire un ponte (in grado di portare al sicuro le proprie truppe) ed il giusto salario spettante al soldato.
La Chiesa utilizzo’ la moneta senza dubbio per opere di bene, ma anche per alimentare la sua grandezza, e non lesinò di scambiare benefici spirituali (le indulgenze) per finanziare il più grande patrimonio artistico e monumentale del pianeta.
Anche “l’infinità bellezza” quando è frutto della creazione dell’uomo ha sempre bisogno della moneta per essere generata.
Gli stessi predatori delle opere d’arte si muovono attratti dal denaro che potrebbe provenire da una proficua ricettazione.
Quando poi, nacquero le Banche il denaro assunse una centralità mai vista prima. Ed il contenuto dei loro caveau stimolò sempre di più la fantasia di chi mirasse ad appropriarsene.
I partiti e la politica in genere hanno evocato la pecunia in molte forme: vitalizi, rimborsi, diarie, tangenti, pensioni, conti cifrati all’estero, ecc, … ma pur sempre di denaro si tratta …
Potremmo essere d’accordo sui “due cuori ed una capanna” nel connubio amore e felicità, che tanti rinvengono anche in una vita ascetica, ma il denaro almeno sulla “capanna” incide.
E poi, al netto di ogni ipocrisia, se nascessero dei figli nella “capanna”, non si nutrono di solo amore… ma, purtroppo…costano …
Comunque, nell’accezione più nobile, la moneta ha sempre rappresentato uno straordinario e talvolta indispensabile mezzo di libertà.
Oggi con la tracciabilita integrale a cui tende la politica finanziaria dei grandi Paesi del mondo pian piano vedremo sparire la moneta (intendendo per essa anche la banconota chiaramente).
Vedremo svanire quell’oggetto materiale anonimo rappresentativo della nostra disponibilità ed in grado di offrire riservatamente sostegno alle nostre volontà.
Al contrario, la “nuova” moneta non sarà più nella materiale disponibilità ma sarà sempre intermediata da gestori virtuali che registreranno ogni nostra spesa, catalogando ogni nostra abitudine od inclinazione.
Verranno censiti tutti i luoghi di transito e di sosta.
Saremo in buona sostanza tutti appesi ad una rete in grado di controllare, unitamente agli altri strumenti dell’elettronica, ogni istante della nostra vita.
Potremmo accumulare il frutto del nostro lavoro soltanto altrove, in luoghi certificati, e ogni nostra disposizione apparentemente libera sarà sempre oggetto di autorizzazione, di registrazione e di controllo.
Gli angoli più reconditi della nostra riservatezza verranno quindi, tracciati, eventualmente studiati e se andrà bene rientreranno nelle statistiche commerciali, se andrà male potranno essere oggetto di censura.
Diventeremo probabilmente la parte terminale di una grande piovra che ci guiderà e ci possederà nell’illusione di renderci tutto molto più semplice ed immediato.
Enrico Michetti