E’ andata bene a Di Francesco. E’ andata benissimo a Gattuso. Due ex centrocampisti al centro del gioco altrui, voci maligne e venti contrari di scirocco non li hanno sbalorditi nella partita chiave per aspirare a quel posto in champions league. Visti gli altri in corsa, Ancelotti a parte, sia l’Eusebio sia Ringhio hanno messo in campo idee, forma e sostanza, il milanista ha trovato un grande alleato, Donnarumma, il romanista ha riscoperto lo zucchero dell’Olimpico, dopo la cicuta di Firenze.
Voglio dire che Daniele De Rossi ha corso per novanta minuti pià chilometri di quelli accumulati, si fa per dire, da N’Zonzi-Pastore-Cristante tutti e tre assieme, perché, come diceva Platini, chi sa sa e chi non sa non saprà mai e dunque De Rossi non ha mai smarrito questo mestiere che altri spacciano con supponenza. Ha dato l’anima e il corpo, è stato il mister in campo, è stato l’esempio massimo per i suoi sodali che hanno trovato le vitamine necessarie. Ecco che Di Francesco ha recuperato la serenità stracciata al Franchi perché la sua squadra ha soltanto bisogno di autostima, di essere convinta di non essere allo sbando come a Firenze.
Così per il Milan che ha comprato un uovo di pasqua con dentro uno smeraldo, trattasi di Pjatek che appena vede la porta mette dentro il pallone, poi magari si sdraia e si riposa, non gioca per la squadra ma il suo dovere lo fa eccome. Ecco perché Gattuso non può ripensare a Higuain e alla doppietta del Gonzalo con Sarri, è roba passata. Il pareggio non risolve nulla ma aggiunge convinzione ad entrambe le squadre e entrambi gli allenatori. Non sono da buttar via, vanno supportati e non sopportati. A volte basta una partita per dimenticare il resto ma questo sarebbe un errore. Uno a uno non fa male a nessuno.
Tony Damascelli