Inno, questione di rispetto, e poi lo chiamano sport

Lo stadio di Francia ha cantato, senza musica, a cappella, la marsigliese. Dopo aver ascoltato, in silenzio e con rispetto l’inno tedesco. La sera prima a Siviglia il popolo spagnolo ha fischiato Dio salvi la regina, gli inglesi sono rimasti straniti per questo esempio di hooliganismo miserabile.

Quando i tifosi insultano un inno avversario sporcano bandiere e dignità, si manifestano come violenti, maleducati, ignoranti. E’ la deriva della passione che si trasforma in odio. Accadde in Italia Argentina, durante il mondiale del ’90 e Maradona venne inquadrato dalla telecamera mentre con un labiale evidente bollava quella gentaglia dell’Olimpico come figlio di puttana.

Il calcio senza confini resta prigioniero di una ciurma di vigliacchi, la chiusura delle curve finisce per legittimare certe esibizioni che non sono razziste ma sintomo di istinti bifolchi, ululati che avvicinano l’uomo alla bestia. L’Uefa dovrebbe punire severamente le federazioni che poco fanno e mai intervengono, così come gli arbitri che avrebbero bisogno di una visita dall’otorino. Il silenzio viene interrotto dagli applausi durante il minuto di cordoglio, l’inno viene fischiato prima del fischio d’inizio. Lo chiamano sport.