Sabato 21 marzo alle ore 23.30 il Premier Giuseppe Conte annunciava – attraverso una diretta sui social – l’intenzione di effettuare una nuova stretta per contrastare la diffusione del coronavirus.
Dopo i vari decreti arrivati nelle scorse settimane, ne sarebbe quindi stato pubblicato uno nuovo volto a limitare ulteriormente il numero di attività produttive che potessero rimanere aperte. Sacrifici necessari per tutelare la salute dei lavoratori e di tutti i cittadini.
Queste misure annunciate erano state ritenute giuste dai sindacati dei lavoratori, ma poi – a loro avviso – il Decreto effettivamente uscito il 22 marzo non è stato all’altezza delle aspettative.
Per approfondire la questione e parlare dei primi scioperi che iniziano a coinvolgere il paese, abbiamo intervistato Tania Scacchetti, Segretaria confederale della CGIL.
“Gli scioperi minacciati un brutto segnale? No, è un messaggio di responsabilità per il paese. Se, giustamente, si è deciso di mettere al primo posto la salute dei cittadini va fatta un’operazione seria per far girare il meno possibile i cittadini che devono lavorare. Questo significa preservare l’apertura solo delle attività veramente essenziali.
Ci sembra – a noi sindacati – che il Decreto che tiene l’elenco dei codici ATECO individuati come possibilità, con la possibilità per i Prefetti di autorizzare ulteriori aperture, non faccia un’operazione in grado di tranquillizzare e dare il segnale che serve. Quindi le mobilitazioni non sono un atto di irresponsabilità, ma di responsabilità. Le persone devono poter lavorare in sicurezza, e questo in una serie di imprese non sta accadendo. Sono ancora oltre il 40% le imprese aperte nel nostro paese.
Il tema è che, nella scelta del Governo di rallentare, si consente comunque di scegliere e noi lo riteniamo una decisione sbagliata. Noi abbiamo visto crescere molta rabbia all’uscita del Decreto dopo le dichiarazioni che erano state fatte da Conte, le aspettative non si sono tradotte in un provvedimento che rispondesse a quella condizione.
Responsabilità di Confindustria? Sicuramente il sistema impresa e Confindustria non ha compreso in pieno quella necessità e ha segnalato la necessità di fare altre scelte”.
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