“Scudetto e retrocessione discorsi vuoti, se qualche matto va in tribunale il calcio si becca un calcio nel sedere” ► Ghirelli (Pres. Lega Pro)

Statevene a casa, domani non si gioca, non possiamo fare ora il comunicato, lo faremo domattina ma si blocca tutto“. Questo il racconto di ciò che è accaduto tra la notte del 21 febbraio e la mattina del 22 in casa Ghirelli, dove il presidente della Lega Pro ha visto tutti i suoi timori diventare realtà.

Era stato lungimirante dodici ore prima, bloccando tutte le partite a partire da San Benedettese – Piacenza, in seguito al primo caso di infezione nella Pianese, ma la lungimiranza di Ghirelli non è purtroppo sufficiente a salvare la sua Lega Pro da un collasso finanziario da evitare con tutti i crismi del caso.

Riprendersi il mondo dei giovani, scongiurare una migrazione dei presidente verso il proprio settore finanziario di appartenenza perché la Lega Pro non resti un lontano ricordo del calcio popolare che fu.
Non è estromessa dal pericolo la massima serie per Ghirelli, nonostante i milioni sonanti di cui non risponde certo la sua Lega. “Spero in tal proposito che il campionato finisca, onde evitare che qualcuno vada in tribunale“, spiega il presidente.
Ecco l’intervista integrale rilasciata a Radio Radio Lo Sport.

“Scudetto e retrocessione discorsi vuoti, se qualche matto va in tribunale il calcio si becca un calcio nel sedere” ► Ghirelli (Pres. Lega Pro)

La salute è al primo posto, te lo dice uno che ha sospeso il suo campionato il 21 febbraio sperando che fosse una decisione avventata e invece purtroppo non lo è stata.
Teniamo conto che ci sarà un dopo-virus che sarà molto più difficile del post-bellico.

Ci sarà un problema di continuità aziendale, perché gli altri presidenti se posti di fronte al quesito azienda madre o calcio sceglieranno giustamente quello che dà lavoro ai propri figli e ai propri operai. Penso a uno dei più grandi, Pasini della Feralpisalò che ha spento gli altoforni.
Il calcio si mostra oggi nella sua estrema fragilità, sembrava potentissimo e si dimostra fragilissimo.

Teniamo conto del fatto che nel post-virus ci sarà una paura terribile di andare allo stadio, una paura che ci porteremo dietro per i prossimi mesi. Guardiamo persino con sospetto i nostri familiari, pensate quando dovremo andare allo stadio, vicini a 60.000 persone, con gli altri che mi esultano a due centimetri dal naso senza mascherina. Bisogna essere consapevoli di quale scenario ci si presenterà. Questo sarò il dramma dei prossimi mesi.

Cosa fare per rialzare la testa? Vi faccio un esempio: abito a pochi passi dal Colosseo, che per più di quattro secoli è stato lo spettacolo più imponente della storia dell’umanità. Noi che siamo vecchi pensiamo che anche il calcio abbia molti anni, ma ne ha solo 120 ed è già obsoleto per i millennial, per la mancanza di interattività e di progresso. Che debba continuare lo diciamo noi, che siamo vecchi come il calcio, ma il passaggio da nuovo a obsoleto è molto piccolo.

Le nostre parole sullo scudetto o sulle retrocessioni sono vuote. Abbiamo un sistema da far galleggiare, siamo lo sport più popolare al mondo perché rappresentiamo bene le emozioni dei popoli e a quei popoli ora non importa nulla di retrocessioni o promozioni. Abbiamo tanto tempo per rifletterci. Io mi auguro che si giochi domani, ma so perfettamente che bisognerà aspettare e avere tutte le soluzioni pronte.

Mi auspico che il campionato si chiuda regolarmente, perché ho paura che qualche matto, pur avendo diritto vada in un tribunale per far rispettare questo diritto. Ma sapete come sarà il post? Che piangeranno i loro morti, che cercheranno lavoro e se qualche matto va in tribunale il calcio si prende un bel calcio nel sedere.

Quando bloccammo il girone A e il girone B lo facemmo perché c’era la salute. Contemporaneamente seguitammo a far giocare il girone C perché non potevamo essere un acceleratore di paura, bisognava farlo tenendo conto della tenuta psicologica di questo paese.

Questo è stato uno dei motivi che mi ha spinto a chiudere girone A e girone B: noi avevamo il primo caso nella Pianese, un ragazzo che si era fermato a Gozzano e si era beccato il virus. Dopo quella vicenda abbiamo attivato un protocollo che ci è servito nel caso della Reggiana, il secondo: il calciatore era asintomatico e in quel caso abbiamo consentito alla Reggiana di fare subito l’isolamento e valutare la sua positività.
Abbiamo avuto poi un caso a Pesaro e ultimamente a Vicenza: questa è stata una delle motivazioni per cui noi abbiamo chiuso la prima partita il 21 febbraio. Il primo caso della Pianese ci ha consentito di evitare il peggio.


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