Gli incidenti sono cose che capitano ma è nel gestirli che si fa la differenza. Dovrebbe impararlo Douglas Costa, il cui incidente sulla A4 è ormai noto ai più.
Pochi minuti dopo i siti web riportano titoloni pieni di angoscia per le sue condizioni, chiarite poche ore dopo: è sano come un pesce e finalmente c’è pace per le curve ultras, ma non dura molto; subito dopo una scelta discutibile, quella di andare a ballare la samba a Parigi con Neymar per lasciarsi l’incidente alle spalle.
Della sua macchina distrutta sembrano preoccuparsi più i giornalisti che il numero 11 della Juventus. Il rottame è tempestato di scatti mentre l’aereo del brasiliano atterra sotto la Tour Eiffel, destinazione: il party di Neymar.
La scelta post-sinistro ha indignato i media sportivi e il popolo del web, nel nome dello “stile Juve” che tanto sta a cuore ai dirigenti della Juventus ma che in tempi meno recenti ha comportato addirittura dei trasferimenti.
E’ vero, anche in questi casi esiste una sorta di giurisdizione: i due giorni di riposo concessi da Allegri sarebbero una tesi ferrea per un ipotetico avvocato, ma spesso gli avvocati non devono prestar fede alla verità e la giurisdizione non sempre è giusta. Sì, Douglas Costa su permesso di Allegri poteva sfruttare il suo tempo solo a comando della sua insindacabile volontà.
Ma qualcun altro è finito in ospedale e no, non ha potuto scegliere.
Sembrerà di poco conto perché (fortunatamente) il cinquantenne che è stato tamponato non ci ha lasciato la pelle, quindi non è possibile fare il titolone.
Ma, una domanda ha fatto il giro dei social:
“Douglas Costa, perché non sei andato all’ospedale per accertarti delle condizioni della persona coinvolta nel tuo incidente?”
Polemiche neanche troppo accese, si vuole soltanto “restare umani” perché questo è un detto usato troppo per alcune situazioni e troppo poco per altre.
Non si tratta anche in questo caso di esseri umani?
Forse alcuni calciatori hanno dimenticato di esserlo.