L’auto-certificazione per uscire di casa costituisce un abuso?

Con il dpr 445 del 2000 veniva introdotta l’auto-certificazione, una reale forma di semplificazione, che consente al cittadino di dichiarare stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dello stesso. 

In altri termini il cittadino può produrre in sostituzione delle normali certificazioni (nascita; residenza; cittadinanza; godimento dei diritti civili e politici; stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero; stato di famiglia; iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; appartenenza a ordini professionali; titolo di studio, esami sostenuti; qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; … art. 46) una dichiarazione nella quale afferma di essere in possesso di tali certificazioni. 

Un atto di fiducia importante che lo Stato riconosce al cittadino, evitandogli gli affanni di dover richiedere la documentazione ufficiale, potendo egli stesso certificarne il possesso, fatta salva la possibilità per lo Stato di accertare la veridicità delle affermazioni dichiarate attraverso controlli a campione

Il cittadino oltre al proprio stato, alle proprie qualità, ai propri titoli, può anche dichiarare fatti che siano a diretta conoscenza dello stesso ed anche fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.

Ma cosa significa auto-certificare? 

Significa: affermare il certo. 
Si può certificare quindi, tutto ciò di cui si ha prova certa. 
Ecco perché la legge la chiama “dichiarazione sostitutiva” (art 46 e 47 del predetto Dpr.). 
Perché chiaramente sostituisce qualcosa che esiste. 

Anche la dichiarazione di conoscenza di un fatto deve necessariamente riguardare qualcosa che è realmente accaduto. 

Quindi, come si fa a certificare il futuro, di cui, per definizione semantica e notorietà scientifica, non vi è certezza !?

Come potrei certificare un fatto che deve ancora accadere !?

Rappresenterebbe una chiara contraddizione in termini.

Come potrei affermare con il sigillo della certezza accadimenti riguardanti il futuro che soltanto in parte potrebbero dipendere dalla mia volontà, peraltro sempre e comunque precaria. 

Potrei sottoscrivere impegni, dichiarazioni di intenti, ma non certificare ciò che è in divenire. 

Anche perché chiaramente tutto ciò che si sottoscrive con l’auto-certificazione deve corrispondere al vero, altrimenti la dichiarazione risulterebbe mendace (non veritiera) e quindi costituirebbe un illecito penale

Non potrò mai dichiarare con matematica certezza ciò che accadrà, ma soltanto ciò che è realmente accaduto, anche perché soltanto su ciò che è realmente accaduto potrei svolgere affermazioni certe e sottoporle a prova di attendibilità e veridicità per evitare il falso.  

La domanda pertanto, quale potrebbe essere? Se ciò costituisca un abuso? 

Non entro nel merito assolutamente, ma non mi posso esimere dal ritenere che la misura adottata lasci dubbi profondi circa la sua legittimità ed adattabilità al caso di specie.

Con l’emanazione del DPCM del 10 aprile lo Stato ha comunque dovuto necessariamente correggere il tiro abrogando tutti i precedenti Dpcm che prevedevano le autodichiarazioni per covid 19, nonostante però permanga ancora, a chi entri o sia in transito sul territorio nazionale, l’obbligo di consegnare al vettore, all’atto dell’imbarco, una dichiarazione resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n.445.

Lascio a Voi ogni logica conclusione circa la legittimità delle contravvenzioni elevate in ragione dei provvedimenti abrogati.

Enrico Michetti