Dobbiamo, certo, giubilare per il rientro in patria di Silvia Romano dopo la lunga cattività presso i terroristi. La ragazza è salva e sta bene. E questa è un’ottima notizia. Tutto è bene quel che finisce bene: così si direbbe, se fossimo in una fiaba.
E così, in effetti, vorrebbero che fosse gli amministratori dell’ordine del discorso, gli anestetisti del consenso. Ma forse, a una più rigorosa analisi, non è proprio tutto bene. Bene è, l’abbiamo detto, che la ragazza sia salva e stia in ottime condizioni. Meno bene, forse, è la cornice generale della vicenda, di cui non si può non tenere conto.
Siamo nel bel mezzo dell’emergenza del Coronavirus: gente che è morta per il virus, lavoratori in sofferenza che, in alcuni casi, sono giunti all’extrema ratio del suicidio. Insomma, la lieta narrazione della vicenda si sposa appieno al sentire della classe dominante no border e cultrice della società aperta, nei suoi villini patrizi blindatissimi e nei suoi attici sontuosi sorvegliati da scorte nerborute. Ma offende, e non poco, il sentire di chi sta soffrendo, partite Iva e lavoratori, salariati e piccole imprese. Che ovviamente non hanno spazio alcuno nella grande narrazione ampiamente manipolata del circo mediatico e del clero giornalistico.
Personalmente trovo poco serio un governo che pontifica dicendo che la vita dei connazionali va salvata a ogni costo (ed è verissimo), dopo che però ha recluso agli arresti domiciliari per due mesi migliaia di lavoratori in difficoltà, senza preoccuparsi che avessero di che campare. Abbandonandoli a sé stessi: impedendo loro – lo ripeto – di lavorare e, insieme, non dando loro in concreto alcun modo di sopravvivere.
“Non c’è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori che mi hanno trattato sempre con umanità”: così ha dichiarato la ragazza. Già, il conto del riscatto però scommetto che l’hanno umanamente fatto pagare alla classe lavoratrice italiana, chiusa 2 mesi agli arresti domiciliari senza sostegno dal governo.
Lungo e commovente l’abbraccio della ragazza con la madre: e anche senza mascherina. “L’istinto e la felicità battono le regole anti-Covid” scrive Il Fatto Quotidiano: chiaro? Voi, magari, è da due mesi che non vedete i vostri familiari o che, se provate a riabbracciarli di contrabbando, vi beccate multe di 400 euro. Altri, invece, possono in mondovisione. E sono anzi celebrati. Perché loro non fanno parte delle plebi lavoratrici: quelle che, nella loro grettezza e nella loro vile ricerca del salario di sopravvivenza, non vanno a fare avventure da brivido in Africa in nome di quello che Hegel chiama il “batticuore per l’umanità”.
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