Il ritorno di Silvia Romano. In un’Italia stretta nella morsa delle restrizioni anti Covid-19, con uno scenario economico preoccupante, fa rumore la liberazione della volontaria milanese. Accolta dai vertici del Governo Aisha, questo il suo nuovo nome dopo la conversione all’Islam, ha scatenato con il suo arrivo un focoso dibattito. La venticinquenne torna dalla propria famiglia dopo due anni vissuti in Kenya.
Ombre e dubbi si addensano sui connotati, volontari o meno, del suo abbraccio alla religione islamica e sul presunto riscatto milionario pagato dall’esecutivo italiano ai rapitori africani.
Una vicenda analizzata dai nostri opinionisti durante la finestra sulla stretta attualità di “Radio Radio Lo Sport”. In studio Ilario e Francesco Di Giovambattista.
Alessandro Vocalelli
“Io aspetto di conoscere un po’ quello che sarà il suo racconto. Sapere come ha passato questi 500 giorni che sono tanti e che ti possono spingere a qualsiasi cosa. Per carità la conversione è un suo pieno diritto. Bisogna capire in che ambito, in che situazione. Ho letto e ho sentito che comunque queste conversioni arrivano alla fine di percorsi anche piuttosto duri e sofferti. Per cui bisogna capire il tragitto che ha fatto lei. Sul riscatto io francamente non mi stupisco. Non mi sembra la cosa fondamentale di questa vicenda. Io credo che il fatto che sia tornata a casa deve essere salutato con grande gioia e grande soddisfazione perché la vita umana, non solo in quanto cittadina italiana, deve essere sopra ogni cosa. Naturalmente in questi giorni ci sarà il tempo per saperne di più”.
Furio Focolari
“Io sono in linea con quello che dice Vocalelli. Dico la verità: la cosa che mi colpisce di più è la conversione però sono fatti suoi, perché uno può fare quello che vuole di sé stesso. Non so se questa conversione viene da una sindrome di Stoccolma, se viene da una paura assolutamente legittima o se viene, come dice lei, da una sua scelta. Mi appare un po’ strano che possa essere una sua scelta, cioè lei che si converte nella fede di quelli che l’hanno tenuto 18 mesi sotto catene praticamente. Anche se dice che l’hanno trattata bene, comunque l’hanno tenuta prigioniera. C’è una teoria che vuole che il riscatto non si paghi, però poi sono quei paesi che hanno più attentati. Infatti noi avremo problemi sicuramente con gli Stati Uniti, con la Gran Bretagna. Chi è che ti fa il riscatto? Una associazione terroristica che tu economicamente hai finanziato. Però è una scelta anche quella. A me ha colpito l’abbraccio dei genitori, ieri poi con la festa della mamma, è stata una cosa bella e va presa nel giusto modo. Se lei si sia convertita veramente o no lo sapremo fra un po’. Ho trovato molto misurate le parole del Presidente dell’associazione musulmani in Italia. Silvia Romano è andata lì a fare una cosa bella non una cosa brutta. In qualche cosa poi si è sbagliato. La cosa che mi fa un pochettino schifo è le mascherine nostre; i nostri che si mettono in mostra a tutti i costi. Quella è una cosa abbastanza squallida”.
Franco Melli
“A me non è piaciuto quasi niente. La conversione io non credo che sia stata imposta perché nessuno, anche in una situazione così particolare, una fede o una ideologia a nessun altro. Credo sia una conversione volontaria. Così come io ho letto una battuta che secondo me teneva abbastanza e diceva: ‘E’ arrivata vestita come se una che era stata in un campo di concentramento tornasse vestita da nazista’. Mi sembrano delle stonature. Addirittura in qualche giornale si parla di un riscatto dai 2 ai 4 milioni. Allora io mi domando: ma per Regeni hanno fatto tutto quello che dovevano fare? Per altri che vivono ancora in una situazione da sequestrati si sono mossi in questa maniera? Il nostro Stato, anche dopo la morte di Regeni, ha fatto tutto quello che poteva andar bene alla famiglia? A me pare di no”.
Stefano Agresti
“A me sembra che si sia mancato molto di rispetto a questa ragazza. Sono stati avanzati una serie di dubbi che a me sembrano sinceramente fuori luogo. Sono quasi passati sopra, fino a prova contraria, a quello che è stato un dramma assoluto. Cioè stiamo parlando di una ragazza che a 23 anni faceva quello che voleva fare in Kenya in un villaggio, credo con grande spirito di volontà nei confronti degli altri, è stata rapita e ha cambiato sei prigioni diverse. Ha cambiato carcerieri, è stata probabilmente venduta da una banda ad un’altra. Tutto questo nel cuore dell’Africa da sola. Oggi ascoltiamo la sua realtà, che è quella che ci hanno raccontato. Credo che questa sia una vicenda di una drammaticità senza confini. Quando torna può essere come vuole ma per me ha tutta la comprensione qualsiasi scelta abbia fatto. Forse si dovrebbe parlare più del dramma che lei ha vissuto. Parliamo di una ragazza che a 23 anni è andata in Africa a mettere la propria vita al servizio per gli altri”.
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