ERIKSSON RACCONTA ► Segreti, aneddoti e ricordi della Lazio dello Scudetto 1999/2000

La Lazio delle stelle. Una formazione, quella dello scudetto 1999-2000, che ha sfiorato la perfezione assoluta. Un dream team mostruoso costruito, mattone dopo mattone, dal patron Sergio Cragnotti. Nesta, Mihajlovic, Veron, Simeone, Conceiҫao, Nedved, Mancini, Salas, Inzaghi e tanti altri big. Un trionfo indimenticabile con l’episodio cult del 14 maggio con il diluvio universale al Curi di Perugia, mentre invece all’Olimpico dominava un sole splendente.

Un’orchestra magistralmente guidata da un maestro eccezionale: Sven-Goran Eriksson. Il mister svedese che, da quella stagione in poi, avrebbe fatto breccia per sempre nei cuori biancocelesti. Il tecnico svedese è intervenuto nel corso di ‘Radio Radio Lo Sport’. Emozioni radiofoniche pure con Franco Melli, Furio Focolari, Alessandro Vocalelli, Fernando Orsi e Paolo Cericola. In studio Ilario e Francesco Di Giovambattista con Stefano Raucci.

Sono rimasto laziale

“Sono rimasto laziale. E’ stata la squadra più forte che abbia mai allenato. Era uno squadrone, forse una delle squadre più forti del mondo in quel periodo. Abbiamo vinto tanto in tre anni e mezzo, potevano vincere di più forse. Però sono stati anni bellissimi. Gli anni più belli della mia vita professionale senza dubbio.

Qualche volta c’ho pensato che forse sarebbe stato meglio rimanere alla Lazio e in Italia. Però quando arriva un’offerta come quella della Nazionale inglese, arriva solo una volta nella vita. Ho pensato che veramente non potevo dire di no. Mi sarei pentito per tutta la vita se non avessi accettato questo invito. Forse ho sbagliato, forse no. Chissà… è andata com’è andata.

In Italia c’era il calcio migliore di tutto il mondo

Il calcio italiano degli anni ottanta e novanta era il campionato più bello del mondo. Più difficile, più bello in tutto. Purtroppo credo che oggi la Premier League sia il torneo più bello. Negli anni novanta il calcio italiano era stupendo. Quando sono arrivato per la prima volta in Italia alla Roma avevo, nello stesso tempo, un’offerta dal Barcellona e io ho detto no perché volevo venire in Italia dove c’era il calcio migliore di tutto il mondo. Tutti i grandi giocatori volevano venire in Italia a giocare. Nel secondo anno alla Roma abbiamo fatto un calcio molto bello. Poi abbiamo perso contro il Lecce e lì si è distrutto tutto. Quindi un po’ male e un po’ bene.

La squadra era costruita per vincere

Quando abbiamo vinto lo scudetto io ho detto a Cragnotti: ‘Se avessimo preso Veron e Mihajlovic la prima volta che sono venuto ad allenare la Lazio, avremmo vinto tre scudetti’. Cragnotti mi diceva: ‘Mister, uno scudetto già è buono’. Mi fa un grandissimo piacere vedere tanti giocatori di allora che stanno facendo molto bene da allenatori o dirigenti. Da qualcuno me lo aspettavo sicuramente. Di altri, come Conceiҫao e Simeone, forse no, ma mi fa piacere. Uno si sente anche un po’ orgoglioso perché forse hanno preso qualche piccolo pezzo da me. Sono molto molto contento. Per la gestione di una grande squadra molto dipende dai giocatori. Alla Lazio c’era tutta gente intelligente che capiva perché giocava per la Lazio. La squadra era costruita per vincere e questo non era un segreto. Quando ho firmato per la Lazio Cragnotti mi ha detto: ‘Mister, questa firma vuol dire che dobbiamo vincere titoli qui’. Io ho subito capito questo.

Mancini aveva la testa da vincente

Tutti erano importanti, anche quelli che erano alla Lazio prima del mio arrivo. Però la mia prima richiesta a Cragnotti fu quella di comprare Mancini, Mihajlovic e Veron. Mancini aveva più di 30 anni però come calciatore era sempre importante e poi aveva una testa da vincente. Ma non voglio dire che questi sono stati i miei favoriti perché avevamo Nesta, Nedved, Diego Simeone, Vieri, Salas, Crespo, Negro, Favalli tutti bravi. Signori andava in panchina qualche volta e chiaramente per lui era un’offesa, e lo capisco benissimo. Quando sono arrivato alla Lazio, i primi sei mesi, pensavo che si doveva cambiare mentalità. Perché tutti pensavano che la Lazio era una squadra forte ma dicevano che dopo Natale sarebbe scesa di rendimento e sarebbe stata sfortunata. Si parlava di questo tutti i giorni e io non volevo sentire questo. Io volevo che la Lazio fosse una squadra forte, con fortuna, che doveva vincere e giocare alla grande anche dopo Natale. Mi sentivo male per la storia di Signori, perché non meritava questo.

Penso che il risultato a Torino contro la Juve è stato quello più importante. Se non avessimo vinto lì, potevano dimenticarci dello scudetto totalmente. Abbiamo capito di essere forti come loro o addirittura più forti.

La partita migliore in assoluto è stata forse la finale di Coppa Italia contro l’Inter, pochi giorni dopo la vittoria dello scudetto. Lì veramente non pensavo che la squadra fosse pronta dopo tutti i festeggiamenti. La squadra fece un gran lavoro e vinse anche senza una grande preparazione di quella partita. Era diventata una squadra molto vincente. Non pensavo si vincesse lì a Milano”.


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