“Pieni poteri, oppositori fermati e addio diritti. Così Viktor insegue il sogno dell’Orbanistan“.
Così titolava il quotidiano sabaudo La Stampa il 16 maggio 2020.
L’argomento non è nuovo in effetti, nei mesi scorsi si è lungamente discusso con giusta preoccupazione sull’involuzione autoritaria dell’Ungheria, favorita dal contesto emergenziale Covid-19.
Ciò che stupisce è il bipensiero orwelliano che in questo caso ha preso il sopravvento: ci si preoccupa giustamente per svolta autoritaria ungherese, e poi raramente si ha da eccepire rispetto a quanto sta accadendo negli altri paesi d’Europa, tra cui l’Italia stessa.
Orban ha chiesto pieni poteri al suo parlamento, altri sembrano averli presi senza neppure chiederli al loro parlamento.
La verità è che stiamo assistendo a una brusca sterzata autoritaria del global-capitalismo, il quale si sta riorganizzando verticisticamente e forse si avvia addirittura a mettere in congedo l’epoca delle democrazie borghesi, quelle incardinate pur nella loro imperfezione su diritti imprescrittibili della persona, parlamenti e divisione dei poteri.
Al posto delle vecchie democrazie borghesi sta prendendo forma il nuovo regime sanitario, che in Ungheria come in Italia sembra fondarsi sulla sospensione delle attività politiche e sul controllo totale delle vite.
La ragione di sicurezza e di salute pubblica si impongono come prioritarie quando non come esclusive.
In loro potere il nuovo potere, sempre più platealmente post-democratico, si arroga il diritto di imporre ogni tipo di limitazione delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione, essa stessa palesemente violata.
Ne abbiamo fatto esperienza in questi mesi in cui abbiamo assistito con impotenza incredula al susseguirsi di decreti emergenziali e Dpcm. Il potere esecutivo ha soppiantato quello legislativo e ha disarticolato la stessa divisone dei poteri, cuore di ogni matura democrazia.
“Sovrano“, diceva Karl Schmidt nella Teologia politica “è chi decide sullo stato d’eccezione“.
L’emergenza Covid-19 e lo stato d’eccezione sono stati il dispositivo fondamentale che ha reso possibile la svolta autoritaria e le annesse pratiche di controllo panottico e distanziamento sociale.
Ciò che appare ingiusto e incostituzionale nella normalità diventa giusto e costituzionale nello stato d’eccezione e così l’emergenza diventa essa stessa un metodo di governo per aggirare e sospendere diritti e libertà.
Come diceva Platone nella Repubblica, il peggior grado di ingiustizia sta nel far apparire giusto ciò che non lo è.
Ebbene, possiamo dirlo: ciò che è avvenuto in Italia non è diverso da ciò che è accaduto in Europa. Stiamo assistendo a una riplasmazione dei rapporti di forza, a una svolta autoritaria in seno al capitalismo che si fa nuovo ordine terapeutico.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro
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