L’Europa al centro del dibattito. Da anni si discute riguardo l’effettiva bontà del progetto europeo, ancor più in questi mesi in cui l’emergenza coronavirus ne ha messo in luce tutti i problemi e i difetti.
Solitamente si è soliti considerare la posizione che rivendica la sovranità dello Stato rispetto all’ordinamento europeo come istanza di destra. Eppure rimettere al centro del discorso politico lo Stato – con la sua capacità d’intervento per rimuovere le disuguaglianze nella società – invece di una Unione fondata sul libero mercato sembrerebbe proprio un tema fondamentale per una ideologia di sinistra.
Si può quindi essere sovranisti di sinistra? È questa la domanda che è stata posta al deputato Stefano Fassina nel corso di Arcadia 2020, la tre giorni in streaming della cultura sovranista che si è tenuta a fine maggio. Ecco le sue parole riguardo Unione Europea, sovranismo e sinistra.
“L’Unione Europea è un sogno diventato un incubo” ► Fassina
È possibile essere sovranisti e di sinistra?
“Assolutamente si, la sovranità è un carattere delle istituzioni politiche, la nostra costituzione all’articolo 1 indica una sovranità che appartiene al popolo. È evidente che nell’attuale configurazione dell’Unione Europea, del mercato unico europeo e della moneta unica i nostri principi costituzionali sono soffocati. Non è una valutazione politica ma un fatto. I trattati europei si fondano sul principio della concorrenza, non della solidarietà o della dignità del lavoro.
Il punto è che tutto maledettamente complicato perché il mondo in cui siamo non è quello di trent’anni fa o quarant’anni fa, siamo in un passaggio storico molto difficile. Il covid ha determinato uno shock che rende insostenibile quell’equilibrio precario con cui siamo andati avanti per molto tempo.
O si producono delle rotture in termini di impianto liberista e si da un via libera alla Banca Centrale Europea per soccorrere quanto necessario o ci troveremo di fronte a fatti storici economici e politici che determineranno rotture”.
Si può parlare di diritto del lavoro?
“Sì è doveroso e lo è sempre di più. Qualche passettino di maggiore consapevolezza si è fatto, anche all’inizio di questa legislatura, però bisogna avere consapevolezza che l’Unione Europea è fondata sulla svalutazione del lavoro. L’effetto più devastante sul lavoro lo determina il mercato unico.
Il mercato unico e la moneta unica sono fattori di drammatico aggravamento dei caratteri della globalizzazione. L’Unione Europea veniva raccontata come un argine alla globalizzazione ma in realtà è stata un fattore di aggravamento per quel che riguarda il lavoro.
Dobbiamo cambiare direzione di marcia. L’Europa federale è un sogno che diventa un incubo, dobbiamo procedere verso la confederazione di democrazie nazionali sovrane per quanto possibile.
Da un lato Bisogna sconfiggere l’europeismo fideistico per cui qualunque cosa arriva è un fatto positivo perché fa avanzare un qualche processo. Dall’altro non condivido nemmeno la disinvoltura perché il quadro è drammaticamente cambiato, si deve recuperare un controllo dei movimenti di capitale, perché altrimenti non abbiamo spazio.
Bisogna evitare la rassegnazione, evitare di rassegnarsi al fatto che nel ventunesimo secolo il lavoro si dissoci dai diritti e che l’unica dimensione in cui si può stare è quella del consumatore senza identità, che è un agente di mercato privo di radici, cultura e legami.
In questa fase dobbiamo puntare il nostro capitale politico al sostegno della Banca Centrale Europea. Il Recovery Fund è poco rilevante..stiamo parlando di un profilo temporale incompatibile con le drammatiche sofferenze che abbiamo. O la BCE consente al tesoro italiano di fare emissioni per decine e decine di miliardi che danno ossigeno all’economia o sarà complicato recuperare equilibrio sul piano sociale e politico”.
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