L’occhio del ciclone della narrazione virologica cambia continuamente protagonisti, e stavolta sembra essere il turno del Dottor Alberto Zangrillo.
Le sue parole a “Mezz’ora in più” sulla rete pubblica hanno generato un vero e proprio parapiglia tra medici di due opposte fazioni: chi vive il reparto e perciò testimonia la una sorta di indebolimento del Covid, non più aggressivo come nei mesi scorsi, e chi invece ribatte: “L’emergenza c’è ancora“.
Cambiano i protagonisti ma non il tema, che secondo Diego Fusaro è molto caro alla “classe dominante”.
Le restrizioni in ragione delle quali per mesi la popolazione è stata in quarantena, confidando nella buona riuscita di tale provvedimento, sembrano rivelarsi secondo una cospicua parte di scienziati e del comitato tecnico scientifico la causa del calo dei contagi, ma sebbene non siano ancora finite se ne minacciano già di nuove parlando di un ipotetico ritorno del virus in autunno.
Tutto ciò esula dal discorso politico? Possiamo sacrificare così a lungo la libertà per la salute? Varrebbe la pena subire nuove restrizioni?
Ecco le parole di Diego Fusaro a ‘Un giorno speciale’, con Francesco Vergovich e Fabio Duranti.
“Il paradigma emergenziale si regge su questo presupposto: le misure di emergenza sarebbero illegittime in una condizione di normalità, ma fintanto che vi è l’emergenza hanno la loro ragione d’esistere. E’ ovvio che in questo modo, per dire una, la Costituzione è in alcuni sui punti cardinali sospesa non al livello formale, ma in ragione dell’emergenza.
In sintesi: il modello narrativo è quello di mantenere viva l’emergenza per poter mantenere sempre vive le misure emergenenziali.
“Zangrillo ha smascherato il dispositivo terapeutico”
Cosa ha fatto il dottor Zangrillo? Ha smascherato il dispositivo, specificando testualmente che il virus clinicamente non esiste più, che da tre mesi vengono sciorinati tutta una serie di numeri che hanno evidenza zero, che si usa il dato come foglia di fico obiettiva per far passare elementi soggettivi e politici e che qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di aver terrorizzato il paese.
Il problema per virologi e vaticinanti è che Zangrillo non è un terrapiattista della medicina o un rozzo incolto della piazza che non ha competenze, ma uno di loro a tutti gli effetti e per di più direttore della terapia intensiva a Milano, che quindi rovescia il paradigma narrativo ribaltando la loro narrazione. E’ questo il problema della comunità scientifica.
Le contraddizioni della narrazione virologica
Paradossalmente vi faccio notare come ieri in un telegiornale venissero contrapposte alle parole di Zangrillo quelle del Ministro Speranza che non è medico. Quando si tratta di contestare una tesi antagonista rispetto a quella dominante, allora valgono anche le parole di un non esperto.
Se tu sei un medico giustamente hai tutto il diritto di criticarlo e confutarlo, ma non puoi dissociarti con una presa di posizione che ha il sapore di una presa di posizione politica, dicendo “l’emergenza c’è ancora”. Va bene, ma spiegaci come.
Un Pantheon per Zangrillo, Tarro e De Donno
La verità è questa, che la scienza va rispettata perché vi sono persone oneste e corrette come Zangrillo, come Tarro e come De Donno, che si differenziano dai teologi della scienza, cioè da quelli che usano la scienza come semplice regime narrativo del capitalismo terapeutico. Il potere una volta si fondava sul regime del teologo, oggi si fonda sul regime narrativo del medico.
Io creerei di tutta risposta questo piccolo Pantheon a cui credo si aggiungeranno altri con Zangrillo, Tarro e De Donno che in questi mesi sono andati controcorrente in modo disinteressato”.
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