Ieri funambolico numero 7, oggi mister ancora ambizioso. Roberto Donadoni ha rappresentato, da giocatore, una fondamentale pedina nello scacchiere del grande Milan di Sacchi e della Nazionale. Con la maglia azzurra ha vissuto anche lui emozioni incontenibili nel Mondiale tutto italiano del 1990.
Un cammino praticamente perfetto rovinato solo dal match contro l’Argentina di Maradona e Caniggia con la triste conclusione dei calci di rigore. Epilogo amaro vissuto anche nella veste di commissario tecnico nel 2008, in occasione della sfida alla Spagna nel campionato europeo.
Donadoni è stato ospite del ricco pomeriggio di ‘Radio Radio Lo Sport’. Insieme all’attuale mister dello Shenzhen FC hanno dialogato il Direttore Ilario Di Giovambattista, Francesco Di Giovambattista, Enrico Bendoni, Franco Melli, Alessandro Vocalelli, Tony Damascelli, Furio Focolari e Stefano Agresti. Tanti spunti offerti sul passato e sul presente con vista verso il futuro.
Donadoni ► “Mondiali ’90 esperienza esaltante. Partite a porte chiuse? Meglio uno stadio contro che vuoto”
Il Mondiale del ’90 un’esperienza esaltante
“Quelli del Mondiale del 1990 sono ricordi bellissimi legati soprattutto alla gioventù e questa è la prima cosa che viene in mente. Poi al fatto di avere avuto la fortuna di disputare un Mondiale nella propria nazione e questa è sta una cosa stupenda, meravigliosa. Non siamo riusciti ad arrivare fino alla finale però direi che è stata comunque un’esperienza molto esaltante e stupenda”.
Gioie e dolori della lotteria dei rigori
“I calci di rigore fanno parte di queste manifestazioni. E’ chiaro che giocare alla pari con la Spagna agli Europei del 2008, da allenatore, e poi decidere tutto con un calcio di rigore può portarti all’esaltazione oppure alla difficoltà di dover accettare un risultato che magari sul campo non meritavi. Però questo rientra un po’ nella logica delle cose. Ho sempre guardato avanti e ho sempre pensato che la carriera di un giocatore o di un allenatore passa attraverso questi episodi. Spesso si ricordano quelli meno fortunati, poi ci sono tanti altri che invece hanno dato grandi gioie e soddisfazioni. E’ chiaro che essere arrivati ai calci di rigore contro la Spagna in caso contrario poteva voler dire un cambio di rotta anche per la Nazionale nostra. Poi la Spagna ha vinto l’Europeo e il Mondiale facendo quello che ha fatto. Ci è mancato quel pizzico di bravura e fortuna e non ci ha permesso di andare avanti”.
Contro l’Argentina in un San Paolo diviso tra due fuochi
“Cominciamo a parlare di 30 anni fa e quindi i ricordi sono un po’ sbiaditi. Però siamo arrivati a questa partita dove sapevamo di affrontare una squadra solida, forte dal punto di vista fisico con due o tre giocatori che potevano essere determinanti come Maradona e Caniggia. Penso che l’Italia abbia giocato meglio la partita rispetto all’Argentina. Non siamo stati così bravi e incisivi nello sfruttare le situazioni buone che ci sono capitate. Forse nell’unica ingenuità che abbiamo commesso abbiamo pagato dazio per cui poi siamo arrivati ai supplementari e ai rigori. E’ stata una partita molto intensa anche dal punto di vista psicologico perché giocavamo a Napoli con molti tifosi divisi tra il tifo per la propria nazione e per Maradona”.
Meglio con il pubblico ostile che a porte chiuse
“Giocare senza pubblico e con il pubblico contro sono due cose assolutamente diverse. Se devo scegliere preferisco avere il pubblico contro perché comunque vivi un’atmosfera all’interno dello stadio reale. Disputare una partita senza gente è sicuramente una cosa poco bella e anche poco gratificante. Tutta la vita, dovendo scegliere, preferirei avere lo stadio contro piuttosto che uno stadio vuoto. Vedere gente che tifa contro di te porta a dare quel qualcosa in più e a fasi forza con i compagni”.
Il segreto del mister? Migliorarsi ogni giorno
“In tutta onestà non definirei un cruccio quello di non aver allenato il Milan. E’ chiaro che da milanista dalla nascita e, partendo dal proprio paese e poi dalla propria città Bergamo con l’Atalanta, essere riuscito ad andare a giocare nel Milan è stato raggiungere un traguardo importante dal punto di vista professionale. Avendo intrapreso poi la carriera da allenatore sicuramente avere la possibilità di allenare una squadra come il Milan è una cosa che mi piacerebbe è indiscutibile. Però non me ne sono mai fatto un cruccio. Credo che ogni dirigente, Presidente debba avere assolutamente la libertà di fare le scelte che ritiene più opportune. Qualcuno si aspettava che potessi essere alla guida della squadra, magari in certi momenti. Non è accaduto, e questo mi spiace, però questo non ha fatto altro che incentivare ancora di più gli stimoli per cercare di essere ogni giorno migliore di quello che sono il giorno precedente. Questa è stata la filosofia che mi ha accompagnato nella carriera da calciatore e oggi da allenatore. Vado avanti con questo con grande umiltà e serenità”.
Ci sono momenti che segnano la carriera in un senso o in un altro
“Credo che alla fine uno raccolga un po’ quello che semina. Determinati momenti della propria carriera possono far prendere una strada piuttosto che un’altra. Se esci di sera a cena, magari da scapolo, incontri la donna della tua vita. Se non esci quello magari non capita quindi tutto cambia. La cosa importante è dare sempre il massimo di se stessi e cercare di fare le cose con passione. Il fatto che oggi mi trovo in Cina non lo considero assolutamente un esilio. Da calciatore ho fatto l’esperienza a New York e poi anche in Arabia Saudita. Direi che quelle esperienze mi sono rimaste dentro e mi hanno fatto capire tante cose. Io ho fatto un po’ di anni da allenatore in Italia e credo di aver dimostrato qualcosa. Sempre si può fare qualcosa di meglio, però oggi se sono qui è perché ho l’ambizione di dimostrare qualcosa che altri allenatori in passato mi hanno insegnato”.
Il ritorno alla normalità in Cina
“Qui in Cina la situazione è tornata ad essere normale. Non abbiamo ancora una data precisa per l’inizio del campionato, anche se si vocifera possa essere i primi di luglio. Però da quando siamo rientrati a febbraio, dopo i 14 giorni di quarantena, siamo tornati fuori tutti rigorosamente con la mascherina. Però la vita è assolutamente normale, la città è viva, enorme e moderna con 25 milioni di abitanti. Adesso comincia a fare un po’ caldo e umido, però la vita è come non immaginavo potesse essere”.
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