Guccini, ottant’anni fingendo di non parlare d’amore

Dalla retorica può salvarti soltanto l’amore: iniziamo così e così finiremo, per rendere agli ottant’anni di Francesco Guccini un tributo autentico e soprattutto diverso dalle – sacrosante – celebrazioni del suo “impegno” (termine che al Maestro non piacerebbe) e della sua vena di polemista, di antagonista sempre gagliardo nei confronti dell’omologazione progressiva, di un pensiero borghese nel senso più deteriore del termine. 

Perché non vorremmo si dimenticasse come e quanto ha saputo parlare d’amore, Francesco Guccini. E con quale pudore si è sempre schermito quando gli hanno ricordato di averlo fatto. E il pudore, nel trattare di qualcosa, è sempre l’anticamera di un profondo rispetto. 

Vale la pena ricordare la ragazza al banco di quel piccolo “Autogrill”, che poi dà il titolo al brano: bionda, senza averne l’aria, quasi triste come i fiori o l’erba di una scarpata ferroviaria, mentre mescola birra chiara e 7up. Storia di un amore soltanto immaginato durante una sosta e subito svanito appresso a una porta girevole. 
Un po’ come la storia di Andrea e Samantha, colta sul nascere con Samantha a cui batteva il cuore da morire mentre Andrea, bandana al polso e giacca a vento, si accende “una Marlboro di alibi”, nel cortile di una palazzina dell’hinterland milanese, lontano dalla Milano di Via Montenapoleone e dall’urlo, a fatica percepito, di San Siro. 

Perché chi ha scritto versi come /Sorridevi e sapevi sorridere, con quei vent’anni portati così, come si porta un maglione sformato su un paio di jeans…/, che gli piaccia ammetterlo o no, sarà sempre un poeta d’amore, con licenza poi di poter parlare e trattare d’altro, sempre con le parole più accurate e le rime più inconsuete. Ma il meglio lo riserverà, anche semplicemente scrivendo e non più cantando come ora, a quei moti dell’animo che portano a descrivere amori mai consumati, finiti, trascorsi o appena sbocciati, quelli per i quali si può arrivare a cantare: /Vorrei conoscer l’odore del tuo paese Camminare di casa nel tuo giardino 
Respirare nell’aria sale e maggese 
Gli aromi della tua salvia e del rosmarino…/

Con tutto il rispetto per la storia anarchica de “La locomotiva” o per l’analisi amara e disincantata di “Eskimo”, troviamo che il fior fiore dei suoi versi si sia posato sulle vicende di chi si sta innamorando, oppure ha smesso di amare o, ancora, sta sognando un bacio che mai arriverà. Perché prima dei pensieri e della coscienza critica, Francesco Guccini ci ha toccato il cuore e non vorremmo che un giorno corresse il rischio di essere ricordato soltanto come un cantautore politico. 

Paolo Marcacci