Molto meglio la rabbia, che è un doloroso segno di vita, che la frustrazione, che invece è solo un segno di resa. Da molto, troppo tempo, il tifoso della Roma, anche il più benevolo verso l’attuale filosofia (?) societaria, è frustrato: ha smesso di incazzarsi.
Roma – Udinese è culminata con il torello finale dei friulani; è lecito immaginare che, con il pubblico sugli spalti, avremmo sentito gli “olé” di scherno ad ogni tocco di De Paul e compagni.
Le scelte di Fonseca, quasi provocatorie per insensatezza, unite alle “prestazioni” di quasi tutti quelli scesi in campo a San Siro e ieri sera, hanno fatto tornare in auge quella specie di anatema lasciato da Gianluca Petrachi alla vigilia della ripresa della Serie A: quello secondo il quale l’ormai ex DS vedeva poco impegno negli allenamenti. Una delle sue rare uscite azzeccate, tra l’altro.
In ogni momento di crisi di valori (anche il senso di appartenenza a una realtà calcistica lo è), si rischia di eleggere profeta il primo che passa.
Il fatto sorprendente, almeno per chi scrive, è che oggi migliaia di romanisti stanno citando una riga di virgolettato del dirigente salentino come se avesse aperto gli occhi a due milioni di tifosi. Come se finalmente fosse arrivato (peraltro andandosene) chi ha il coraggio di parlare chiaro in questa società.
Questi romanisti entusiasti di un’uscita di Petrachi, dov’erano quando, a proposito di dichiarazioni di gente “in uscita”, nelle rispettive ultime conferenze da facenti parte dell’AS Roma (perché romanisti lo saranno a vita) si pronunciarono Totti, Ranieri, De Rossi? Non ricordano forse i pronunciamenti di tre uomini che, con importanza diversa, hanno tutti e tre incarnato al massimo grado l’appartenenza romanista e che, tutti e tre, hanno lasciato intendere che proprio ciò che loro incarnavano aveva incominciato a rappresentare un problema? Non ricordano quando Ranieri parlò di un ambiente dove cantavano troppi galli e dove si avvertiva l’assenza fisica del vertice? Non ricordano Totti quando disse che i suoi consigli o le richieste di Di Francesco andavano regolarmente a sbattere contro il muro di decisionismo eretto da Franco Baldini? Non ricordano De Rossi che pretese di tenere una conferenza per spiegare che non era stato interpellato fino alla fine circa la volontà della società di non rinnovargli il contratto come calciatore? La Roma dell’ultimo decennio hanno provato a spiegarla, a modo loro e dal loro punto di vista, i più romanisti di tutti. Le loro parole hanno fatto capire meglio di ogni analisi o articolo di fondo perché nella Roma certi valori tradizionali siano venuti meno e anche perché sia stato e sia ancora oggi possibile che in certi periodi i giocatori possano sentirsi deresponsabilizzati o non del tutto dediti al tensionamento agonistico.
Però chi se ne importa di Totti, De Rossi o Ranieri se la Roma ce la spiega Petrachi?
Paolo Marcacci