“Ci aspettiamo la condanna di Oseghale al massimo della pena possibile”. Lo fa sapere all’AdnKronos Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che dopo essersi allontanata da una comunità di recupero è stata uccisa e fatta a pezzi a Macerata un anno fa, nel giorno in cui si apre il processo nei confronti di Innocent Oseghale, il nigeriano imputato per omicidio e occultamento di cadavere.
A poco più di un anno dall’omicidio di Pamela, ritrovata cadavere in due trolley, si apre la prima udienza in Corte d’Assise del processo che vede imputato il nigeriano per omicidio e occultamento di cadavere.
E’ il 30 gennaio quando la giovane si allontana dalla comunità Pars di Corridonia, in provincia di Macerata, dove stava lottando per combattere la dipendenza dalla droga e si perdono le sue tracce. Il corpo della 18enne romana viene in seguito ritrovato fatto a pezzi in due valigie abbandonate nella zona industriale di Pollenza, in provincia di Macerata. Le indagini si stringono subito su un nigeriano di 29 anni, Innocent Oseghale, che viene fermato dai carabinieri: nella sua casa vengono trovati i vestiti della vittima, sporchi di sangue, e altre tracce ematiche, nonché uno scontrino di una farmacia, poco distante da lì dove Pamela aveva precedentemente acquistato una siringa.
LA VICENDA – Qualche giorno dopo vengono fermati altri due nigeriani Desmond Lucky e Lucky Amelia, con l’accusa di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere, in concorso con Oseghale. Nei confronti di questi ultimi due però il quadro accusatorio si smonta, vengono scagionati dall’accusa di omicidio e restano in carcere per spaccio. Oseghale dal canto suo continua ad affermare di aver fatto a pezzi Pamela, ma di non aver né violentato né ucciso la ragazza, morta secondo la sua versione per overdose.
TRAINI – Il delitto Mastropietro scuote profondamente l’opinione pubblica e la stessa comunità di Macerata, scatenando ben presto polemiche sul problema dello spaccio di droga e dell’immigrazione. E la violenza esplode ancora una volta a pochi giorni dal ritrovamento di Pamela, con il raid xenofobo di Luca Traini avvenuto il 3 febbraio. Il 28enne, a bordo di un’auto nera, spara contro alcuni migranti in strada e ne ferisce sei. A fare da sfondo al delitto c’è proprio l’omicidio Mastropietro: Traini dice di voler vendicare Pamela, colpendo chi spaccia droga.
OSEGHALE – “Non sono stato io. Non l’ho violentata, non l’ho uccisa. Voglio pagare solo per quello che ho fatto, non per ciò che non ho commesso”. Oseghale affida all’Adnkronos la sua dichiarazione di innocenza tramite il legale, avvocato Simone Matraxia. Il nigeriano, spiega l’avvocato, “respinge le accuse relative all’omicidio ed alla violenza sessuale. C’è poi l’aspetto che riguarda la cessione della droga e per questa circostanza è pendente un altro procedimento. Noi – aggiunge Matraxia – sosteniamo che la morte della ragazza sia stata causata da intossicazione acuta da stupefacenti e non per le coltellate”, i cui segni invece sarebbero invece da attribuire al tentativo di sezionamento del cadavere.
I GENITORI DI PAMELA – “Noi continueremo ad indagare per quello che ci è consentito e anche su altri aspetti per capire se, effettivamente, Oseghale abbia fatto o meno tutto da solo” afferma poi all’AdnKronos l’avvocato Marco Valerio Verni, zio e legale della famiglia di Pamela. “Prendiamo atto che Oseghale è l’unico imputato, ma onestamente ci sembra improbabile che abbia fatto tutto da solo – continua il legale – Vorremmo venissero fuori anche altre situazioni, in parte emerse dalle carte processuali, come la questione della mafia nigeriana. Se l’omicidio di Pamela può servire a far emergere altre realtà così sia, ci aspettiamo il massimo risultato possibile”. Il processo che si apre sarà un percorso doloroso: “Siamo abituati alla sofferenza – osserva l’avvocato Verni – dopo aver visto come è stata ridotta Pamela. Ci dà la forza di andare avanti la vicinanza di tante persone che, nel corso del tempo, sono aumentate”.