Vi spiego, telegraficamente, perché quella del Recovery Fund è una sconfitta e anche alquanto grave. L’inghippo non sta tanto nella quantità di soldi avuti in prestito, che anzi, verosimilmente è un ottimo risultato. Il problema sta altrove ed è da ravvisarsi nella modalità di funzionamento del Recovery Fund.
In specie, se si considera che è stata introdotta la norma del “freno d’emergenza”: norma in grazia della quale ciascun Paese – compresa l’arcigna Olanda, il paradiso fiscale che ha giurato odio all’Italia – può opporsi di volta in volta, ove i soldi del prestito vengano utilizzati in modo giudicato illegittimo.
Cosa significa, in concreto?
- Che, ovviamente, non sono soldi donati, ma prestati: che, dunque, chiedono di essere restituiti con condizioni precise;
- che l’Italia disporrà di quei danari, ma dovrà impiegarli attuando riforme che rispettino le linee-guida della governance UE e dei suoi tecnici.
Ciò determina due conseguenze, che non debbono sfuggire:
- Che l’Italia, già privata della sua sovranità economica e monetaria, perde ora la sua sovranità politica. Infatti, le riforme per l’Italia non verranno più, de facto, decise dal parlamento democraticamente eletto a Roma, ma dalla giunta dei tecnici non eletti di Bruxelles. Si tratta – è bene saperlo – di un’ulteriore picconata assestata contro la già periclitante democrazia in Europa: sempre più il potere si trasla dai parlamenti democratici nazionali ai consigli di amministrazione post-nazionali e ai comitati tecnici non eletti.
- Il Recovery Fund, mutato nomine, è sotto molti profili un MES mascherato: l’ha, peraltro, ammesso lo stesso Federico Fubini (non certo sospettabile di euroscetticismo) sul “Corriere della Sera”.
Fubini ha sostenuto che, come il MES (e forse anche più), il Recovery Fund richiede riforme “molto precise e vigilate da vicino”.
Più chiaro di così.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro
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