Viviamo ancora assurdamente legati all’economia capitalistica, nel mito fordiano delle grandi linee di produzione, del capitale immobilizzato, e fatto fruttare attraverso lo sfruttamento del lavoratore.
Siamo fermi ancora a delle logiche di ragionamento vecchie di oltre un secolo e mezzo, ancorati a una visione dell’economia che distingue la stessa in mezzi, capitale e lavoro delle imprese.
In quella logica tipica di un’evoluzione post-rivoluzione industriale, aveva un senso puntare sulla massimizzazione del capitale.
I risultati si sono visti e, ai miei occhi, sono distruttivi della società umana.
Quando ho cominciato a dire qualche anno fa che voglio un’Economia Umanistica, la gente non capiva esattamente cosa volessi dire. Ancora oggi tanti non ne hanno assolutamente idea.
Poi cominciato a spiegarlo affermando che voglio distruggere l’economia capitalistica, e mi hanno preso per un pazzo. Soprattutto nei miei ambienti, visto che mi occupo di finanza.
Il fondamento del mio ragionamento è che quelli che vi propongono la novità, le riforme, gli aiuti finanziari, la moneta positiva, semplicemente, non parlano del cuore del problema.
Ragionare sulla moneta o sulla finanza elude il vero problema.
Coloro che vi parlano di tutto ciò, ragionano in modo vecchio di centocinquant’anni.
Continuano a promuovere un’economa di mezzi, capitali e lavoro, non capendo che due di questi sono pleonastici: l’unico indispensabile è il lavoro, è l’uomo. E poi le sue idee, la sua creatività, la sua libertà.
Questa è l’unica cosa che vale la pena salvaguardare.
Ecco il punto di vista di un’economia diversa.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi
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