Il grande affare dell’emergenza

Credo che a pochi sfugga che dietro a molti virologi ci siano le case farmaceutiche, oltre chiaramente alla loro comprensibile vanità costantemente appagata dalla stato di permanente attenzione al Covid da parte dei media.

Ma le società farmaceutiche sono anche quelle che finanziano gran parte, se non la quasi totalità della ricerca scientifica di settore, anche perché uno Stato ormai soltanto assistenziale, e non con tutti, quindi, anche classista e divisivo, ha da tempo abbandonato ogni forma di investimento pubblico soprattutto nel settore della ricerca scientifica.

I dilapidatori seriali di denaro pubblico hanno sempre ritenuto gli investimenti sulla ricerca poco remunerativi in termini elettorali, a differenza di quelli spesi in sussidi (elargizioni di soldi, di redditi da riposo, monopattini, ecc.), più correttamente “scambio di consensi”, offerti ad un popolo sempre più pronto ad una cura defatigante e distruttiva per il sistema produttivo, ma perfettamente coerente con la truffa solidaristica.

La ricerca scientifica ritenuta quindi, una spesa improduttiva per la carriera politica di colui che la patrocinasse, è stata lasciata completamente in mano ai privati.

Per cui ad una ricerca sostenuta nell’interesse della nazione e nel rispetto dei principi costituzionali, art. 9, si è sostituita un’attività scientifica promossa a soli fini di lucro.

Ma le società farmaceutiche nel perseguimento dei loro legittimi affari finanziano attraverso robuste iniezioni pubblicitarie anche tv, giornali, radio, web… oltre ad essere anche proprietarie di alcuni tra i più importanti media nazionali ed internazionali.

Nel libro paga delle predette società non sono mancati sostegni alla politica, se non talvolta partecipazioni dirette di loro rappresentanti nelle diverse Assemblee parlamentari.

Tutto assolutamente lecito.

Ma questo denota anche quanto sia ristretto ed interessato il circuito decisorio ed il conseguente circuito dell’informazione.

Credo che sarebbe ingenuo pensare che la gestione complessiva dell’emergenza Covid non risenta di tali penetranti interessi.

L’attività privatistica, che vive se produce e crepa in caso contrario, anche in settori strategici è una grande ricchezza perché spesso sopperisce alle distrazioni inefficienze/incapacità dello Stato, ma purtroppo, se non assistita, regolata e talvolta arginata dall’autorità, va avanti invadendo ogni spazio disponibile e fruttuoso, senza preoccuparsi delle conseguenze e degli effetti complessivi sul sistema.

La politica del terrore, che ormai da marzo imperversa sul circuito mediatico, rappresenta l’unica cosa certa ed affidabile, a fronte di una condotta politica totalmente in balia degli eventi, dei numeri, delle esternazioni, delle risse continue anche tra scienziati, in un clima generale di evidente disorientamento.

Questo non significa che dietro ad una politica del terrore, in cui regna sovrano il quotidiano bollettino di guerra sul dato numerico delle truppe in difficoltà, di quelle fatte prigioniere e di quelle purtroppo perse, vi sia una regia, ma che qualcuno nutra interesse a che la guerra continui senza momenti di tregua, forse si.

Basta vedere chi ci sta guadagnando dinanzi a tale bombardamento a pioggia. Beneficiari del mondo economico, del lavoro, della politica …   

La gente ormai dismette le proprie attività, si ricovera nei bunker domiciliari, perde fiducia nelle istituzioni e soprattuto vive il prossimo come un potenziale untore.  Al primo starnuto si dispera e ripercorre in un attimo ogni infausta incursione nel mondo esterno partorita nelle ultime ore ovvero negli ultimi giorni. Se poi, lo starnuto fosse accompagnato da venti minuti di zapping in tv, ogni ora è buona tanto il palinsesto non muta, la politica del terrore trasforma il cittadino in profugo pronto a mettersi in marcia, o meglio in coda, verso un calvario di ore prima dell’agognato tampone.

Uno Stato scevro da interessi, con una classe dirigente di qualità, avrebbe mantenuto una condotta lineare, si sarebbe approvvigionato per tempo, avrebbe puntato sul buon senso, sull’equilibrio, sulla responsabilità del cittadino.

E avrebbe messo in campo la VERA PREVENZIONE, che non è soltanto la mera intimazione di indossare le rituali protezioni o determinare tagli e chiusure, ma avrebbe dovuto consistere nell’occupare proficuamente il tempo di bonaccia del virus maledetto per farsi trovare, con le strutture idonee ampliate e con il personale di settore  implementato, pronti a fronteggiare una nuova fase acuta dell’epidemia somministrando la cura senza affanni.   

Avrebbe adottato lo strumento ordinario del decreto legge e non sarebbe ricorso alla dichiarazione di emergenza e soprattutto, unico caso in Europa, non l’avrebbe reiterata istituzionalizzando la crisi e cristallizzando in capo al Presidente del Consiglio poteri propri di sistemi che nulla hanno a che vedere con la democrazia.

Ricordo che un’emergenza si conclama allorquando gli strumenti ordinari dello Stato non siano più in grado di fronteggiare gli eventi. E non mi sembra che vi siano attualmente strutture dello Stato in sofferenza tale da non poter prestare la rituale cura al cittadino, nonostante la carente attività di prevenzione sostanziale e programmazione degli obiettivi di breve e medio periodo.

Diversamente ripeto, vi è, e soprattutto vi era, una necessità di fronteggiare la difficoltà apprestando ogni risorsa per garantire la migliore e più tempestiva cura attraverso una programmazione chiara, univoca e coerente ai bisogni individuati. Considerando con il termine prevenzione, come dicevo poc’anzi, non soltanto il rimedio (la mascherina, …), ma soprattutto la pianificazione, per tempo, di interventi tesi a prevenire disagi del sistema sanitario in futuro. 

Ricordo inoltre, laddove vi fosse bisogno, che la nostra Costituzione come del resto tutte le altre Costituzioni europee non prevedono l’emergenza, eccezion fatta per quella tedesca (l’emergenza è stata introdotta nel 1968 in occasione del terrorismo).

Il Governo italiano, infatti, a norma della Costituzione, dinanzi ad eventi che richiedano provvedimenti urgenti, ancorché provvisori, dovrebbe adottare lo strumento ordinario del decreto legge all’uopo istituito (creato proprio per fronteggiare tali eventi eccezionali). 

La ragione per la quale nessuna Costituzione europea preveda la decretazione dello stato di emergenza deriva da ciò che accadde agli inizi degli anni 30’ del secolo scorso alla Costituzione di Weimar, la quale invece prevedeva che, per ragioni di grave turbativa dell’ordine pubblico, il Cancelliere tedesco potesse richiedere al Presidente della Repubblica lo stato di emergenza ed i conseguenti poteri.

E fu così che Hitler con il pretesto di ripristinare l’ordine pubblico chiese ad Hindeburg di avvalersi dello stato di emergenza, che gli venne purtroppo concesso.

Fu l’inizio della dittatura nazista.

Per fortuna l’obiettivo politico dei mercanti odierni è unicamente quello di conservare la poltrona e non certo quello di instaurare una dittatura.

Ma attenzione a creare precedenti pericolosi che possano indurre, in futuro, qualcuno meno inconsapevole e superficiale ad intraprendere strade pericolose per la democrazia e la libertà dei popoli, in un momento in cui parte delle truppe (il popolo, nella metafora militare) appaiono frastornate e prossime all’ammutinamento.

Enrico Michetti