Non un presidio di protezione, ma un simbolo di riconoscimento: ecco qual è il vero scopo dell’uso delle mascherine secondo Stefano Montanari, emblema della condizione di schiavitù in cui ci troviamo.
Le mascherine sarebbero infatti del tutto incapaci di trattenere le nanoparticelle di cui si compone il virus: lo ha spiegato ai nostri microfoni l’esperto di nanopatologie e Direttore scientifico del laboratorio di ricerca Nanodiagnostics, raccontando della sua esperienza con la creazione di un filtro destinato all’uso militare.
Insieme alla moglie, la scienziata Antonietta Gatti, e insieme al CNR di Bologna – ha detto in diretta – si è occupato della sperimentazione di un filtro da inserire all’interno delle maschere dei militari per proteggerli dalle nanoparticelle delle esplosioni.
Le dimensioni del virus sono le stesse delle nanoparticelle dell’uranio impoverito: come pensare, dunque, che un tessuto come quello delle mascherine che si trovano in commercio possa realmente impedirne il passaggio?
I dettagli in questa intervista di Francesco Vergovich e Fabio Duranti.
Montanari ► “La mascherina è solo la nuova Stella di David: vi spiego perché non serve a niente”
Mascherine come la Stella di David
“Adesso la mascherina serve semplicemente per dare un senso di appartenenza. Significa che il portatore è diventato uno schiavo. Significa che il regime è riuscito a entrare nel cervello e a modificarlo. Chi porta la mascherina, senza esserne obbligato tra l’altro, perché viaggia in bicicletta o in auto da solo, si è consegnato a questo regime. È un po’ come la Stella di David ricamata e appiccicata sui vestiti degli ebrei nel periodo nazista. Un simbolo di appartenenza, è uno schiavo. Chi la indossa perché è obbligato è uno schiavo, ma non lo fa per volontà sua, chi invece lo fa per volontà sua è un imbecille”.
Lo studio sulle maschere militari
“Diversi anni fa io e mia moglie, Antonietta Gatti, in risposta a un bando del Ministero della Difesa, iniziamo a lavorare insieme con il CNR di Bologna a dei filtri da inserire nelle maschere dei militari per impedire loro di respirare micro e nanopolveri, sopratttuto nanopolveri causate dalle esplosioni. Allora si parlava di uranio impoverito ma chiaramente non si trattava solo di questo.
Queste polveri sono esattamente delle dimensioni del virus, parliamo dei 120 nanometri circa. Il problema non è tanto bloccare i 120 nanometri, basta un foglio di latta, è far passare l’aria per respirare e bloccare quelle nano particelle.
Ci abbiamo impiegato un anno e mezzo ma abbiamo fatto questo filtro. Oggi salta fuori un signore qualunque che prende delle vecchie mutande, cosa che è stata suggerita dall’Istituto Superiore di Sanità non sto improvvisando, dice di metterle davanti alla bocca e ha risolto il problema. Cioè quello che abbiamo fatto noi è stato totalmente inutile perché basta mettere in testa delle vecchie mutande”.
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