E’ morto il calcio. Diego Armando Maradona si è spento ieri, a 60 anni, nella sua amata terra argentina. L’Argentina appunto e Napoli, senza dubbio, sono state le sue case predilette.
Un mito incontrastato, il più grande insieme a Pelé, adesso entra nella leggenda.
‘Radio Radio Lo Sport’ ha dedicato una edizione speciale con ospiti d’eccezione. Uno di questi è l’ex capo delegazione della Nazionale Albiceleste nel 1990, oggi agente di calciatori, Luis Ruzzi.
“Io ho avuto il privilegio, l’onore, l’orgoglio di essere stato un amico di Diego. Vi posso assicurare che lui di amici ne ha avuti molto pochi. La cosa che più mi rattrista, adesso che è morto, è che ultimamente un amico vero non ce l’aveva da tanto tempo. Ieri ho parlato con molti giocatori della nostra nazionale argentina del 1990 ed erano d’accordo con me. Quello che penso è che Diego, il più grande giocatore di calcio del mondo, un uomo straordinario con un’umiltà incredibile, quel Diego, grande marito, grande padre, grande compagno di squadra, quel Diego Maradona numero uno per me è morto tanti anni fa.
Questo Diego che è morto ieri non so chi sia. Era una triste figura, malata che si trascinava per il mondo con tutta gente intorno che si approfittava di lui e che ha spremuto questo limone fino all’ultima goccia. Tutta quella gente che Claudia, la prima moglie, ha fatto bene a mettere in fila in fondo. Questo non era il Diego che io conoscevo, quello che era un grande uomo. Purtroppo è arrivato in un momento in cui la cocaina e l’alcool l’hanno trasformato in una persona malata.
Purtroppo il calcio è maledetto in certi sensi. Perché ti dà tanto però in Argentina un ragazzino povero che giocava a pallone con le calze e con il pallone neanche di cuoio, ad un certo punto è stato preso dal sistema calcio professionistico che è un tritacarne. Non sempre si è preparati per quel mondo che ti arriva. Diego ha affrontato quel mondo e, fino a quando ha retto, è stato il più grande di tutti. Io oggi non sono triste, perché l’ho pianto tanti anni fa. Oggi è arrivato il momento della leggenda”.