Niente procedura per debito per l’Italia. Il collegio dei commissari europei ha deciso ieri di non raccomandare al Consiglio di lanciare la temuta Edp, come viene chiamata in gergo, che avrebbe costretto il Paese ad attuare misure draconiane di politica economica per uscirne, senza contare la probabile tempesta che si sarebbe scatenata sui mercati, dopo l’accordo trovato ieri in serata a livello tecnico tra il Tesoro e i Servizi della Commissione.
Per il commissario europeo agli Affari Economici e Finanziari Pierre Moscovici “l’intelligenza e il senso dell’interesse generale, sia dell’Ue che dell’Italia, hanno prevalso. E ne sono lieto”. Per il politico parigino, “in un certo senso abbiamo riportato le autorità italiane più vicine al metodo comunitario e alle regole”.
Il dialogo tenacemente voluto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro dell’Economia Giovanni Tria ha consentito di arrivare, sia pure in zona Cesarini, ad un risultato importante per il Paese, i cui benefici sono già nettamente percepibili: ora che l’Italia si è riportata “più vicina alle regole”, come dice Moscovici, lo spread Btp-Bund è calato nettamente, intorno a 256 punti, con il rendimento del decennale al 2,8% circa.
E l’indice guida di piazza Affari, il Ftse Mib, ieri sera ha sovraperformato le altre Borse europee, in rialzo dell’1,6%, riportandosi vicino ai 19mila punti. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha riconosciuto che il governo italiano ha fatto “una lunga strada: solo qualche settimana fa c’era una retorica litigiosa, mentre negoziati intensi nelle ultime due settimane hanno portato ad una soluzione per il 2019”, soluzione che ha permesso di evitare alla Commissione di raccomandare al Consiglio l’avvio della procedura per debito.
Il passaggio in collegio non è stata una passeggiata: “Molti commissari hanno preso la parola per sottolineare la necessità di restare vigili e di monitorare la situazione in Italia”, ha detto Dombrovskis, anche se la decisione presa “è sostenuta da tutti i membri della Commissione”, ha aggiunto Moscovici. Avrebbe comunque pesato la posizione di Jean-Claude Juncker, favorevole all’accordo, con Moscovici e Dombrovskis allineati.
Il politico lettone ha ringraziato in particolare “il premier Giuseppe Conte e il ministro Giovanni Tria per il loro impegno personale” nel cercare e trovare una soluzione, in linea con le regole Ue, che ha evitato il lancio di una procedura.
La svolta nel rapporto tra Roma e Bruxelles, dopo settimane di dialogo tra sordi, è arrivata, a quanto si apprende, durante il G20 di Buenos Aires, con gli incontri a latere tra Jean-Claude Juncker, Giuseppe Conte e del duo Dombrovskis-Moscovici con Tria in terra d’Argentina. E’ a partire da Buenos Aires che le cifre hanno iniziato a cambiare, fino ad arrivare all’accordo raggiunto ieri a livello tecnico e chiuso oggi a livello politico con uno scambio di lettere.
Grazie ad uno sforzo addizionale di 9,3 mld di euro, l’Italia è riuscita ad azzerare il deterioramento del deficit strutturale previsto nella manovra (il deficit strutturale, al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, è quello che conta per le regole Ue, anche se si tratta di un dato stimato sulla base di una metodologia che l’Italia, e non solo lei, critica), rispetto al deterioramento previsto inizialmente, pari allo 0,8% del Pil. E’ vero che si puntava ad uno sforzo positivo, ma avrebbe inciso la situazione del Belgio, che per l’anno venturo programma uno sforzo strutturale pari a zero.
E, forse, quella della Francia, il cui ministro delle Finanze Bruno Le Maire ieri era a Bruxelles per illustrare le misure decise dal governo per tentare di disinnescare la rivolta dei Gilets Jaunes. L’essenziale, per la Commissione, era che nessun Paese arrivasse a ‘deconsolidare’, cioè a peggiorare il deficit strutturale, nel 2019. E con l’intesa raggiunta con Roma quell’obiettivo dovrebbe essere raggiunto.
Per dirla con Dombrovskis, “la soluzione non è l’ideale”, ma consente di evitare il lancio di una procedura, dato che 10 mld di euro costituiscono “un cambiamento sostanziale, bisogna riconoscerlo”. Il tutto si basa sulla revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil italiano per il 2019, scese dall’1,5% messo nero su bianco inizialmente dal governo all’1% di oggi, una stima più “realistica” e in “in linea con il consensus”, ha sottolineato Moscovici.
I 9,3 mld di sforzo addizionale sono composti in primis dall’entrata in vigore ad aprile, e non a gennaio, del reddito di cittadinanza e di quota 100 (più di un rinvio si tratta di una presa d’atto dell’impossibilità di partire a gennaio) e dalla revisione dei criteri di eligibilità (in queste misure il diavolo è nei dettagli); da una riduzione degli investimenti nazionali di circa 4 mld, misura “non favorevole alla crescita” questa, ha osservato Dombrovskis, che però verrà parzialmente compensata da un miglior utilizzo dei fondi strutturali Ue, campo in cui l’Italia è storicamente in ritardo. In questo il governo verrà aiutato dalla Commissione Europea.
Il resto viene da tasse sulle scommesse. Ci sono poi 3,15 mld di euro di flessibilità accordata per colmare il gap infrastrutturale (in particolare per la ricostruzione del ponte crollato a Genova) e per il piano per rimediare al dissesto idrogeologico. A garanzia dell’obiettivo di deficit, poi, 2 mld di euro di spese per il 2019 vengono ‘congelati’: si vedrà più avanti nell’anno se scongelarli oppure no, a seconda di come andranno i conti.
Per Moscovici, ora il bilancio 2019 dell’Italia è “più realistico. Missione compiuta”, dice. L’accordo sulla manovra, sottolinea, “dimostra chiaramente che la Commissione Europea non è nemica del popolo italiano, come ad alcuni sarebbe piaciuto descriverci”.
Infine, il commissario ha ammesso che la situazione in cui versa l’Ue, con la Brexit, forse ‘hard’, alle porte, con la Francia colpita dalla rivolta dei Gilets Jaunes e con la Spagna guidata da un governo di minoranza, ha avuto un peso nella decisione della Commissione di dialogare con l’Italia e di trovare una soluzione condivisa: “Non possiamo ignorare il contesto e la nostra risposta è preferire il dialogo allo scontro, la dissuasione alla punizione”, ha risposto interrogato sul punto. Nella decisione sull’Italia, ha aggiunto Moscovici, “non abbiamo tenuto conto” dell’approssimarsi delle “elezioni europee”. Ma “se vivessimo in una sorta di bolla ignorando l’atmosfera europea che esiste nell’Ue, l’ascesa dei partiti nazionalisti, il sentimento che ci può essere qui o là di un comportamento troppo austero e burocratico” della Commissione, allora “saremmo davvero fuori strada”.
Tuttavia, risulta che il premier Conte, protagonista della trattativa con il ministro Tria, in tutto il negoziato con la Commissione non avrebbe mai fatto riferimento alla situazione francese, anche perché Parigi dal punto di vista tecnico si trova in una situazione ben diversa da quella italiana. Ora la parola passa al Parlamento italiano, che dovrà approvare l’intesa e varare la manovra.