Bagnai scatenato al Senato ▷ “La malattia dell’Italia non è il Covid ma l’Europa!”

L’intervento del senatore Bagnai nel corso della seduta n. 289 – Discussione del disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-202.

Ecco le parole di Alberto Bagnai:

“Vi dirò delle cifre, perché occorrerà anche mettere agli atti queste cifre, e alla fine dell’anno, cui ci siamo ridotti con la legge di bilancio, mi sembra un’ottima occasione simbolica per tirare una riga. Parto dal 28 giugno 1914, quando Gavrilo Princip assassinò l’arciduca Francesco Ferdinando, con le conseguenze che ricorderete. Mi limito a dirvi un dettaglio: il PIL italiano quell’anno fece un tuffo del meno 5,4 per cento. Ci vollero dieci anni perché il valore del 1913 venisse raggiunto e recuperato nel 1923, dopo aver toccato nel 1915 un minimo di 115 miliardi. In dieci anni recuperammo.

Seconda puntata. In un afflato europeista, il 1° settembre 1939 la Germania invase la Polonia, perseguendo a modo suo – che nel frattempo è cambiato nelle forme, ma non nella sostanza, come vedremo – l’obiettivo di una unificazione del Continente, a suo uso e consumo. Quello che accadde dopo ce lo ricordiamo tutti, e anche qui mi limito un dettaglio. Il PIL italiano nel 1939 crebbe di un gagliardo 6,3 per cento, ma poi le cose cambiarono per ovvi motivi, e si giunse a un minimo di 107 miliardi nel 1945 (quasi la metà). Anche in questo caso, però, bastarono dieci anni per raggiungere e superare il livello di partenza: nel 1949 il PIL italiano arrivò 201 miliardi.

E ci avviciniamo ad oggi. Nel 2007 scoppiò negli Stati Uniti quella crisi finanziaria che poi raggiunse la sua fase acuta, come ricordiamo, il 15 settembre 2008, quando le Lehman Brothers portò i libri in tribunale. Nel 2007, il nostro PIL era di 1.795 miliardi.

Qui però devo deludere i miei amici progressisti, quelli che a scuola, quando la professoressa spiegava Leopardi, erano un po’ distratti: nonostante le magnifiche sorti e progressive, questa volta dieci anni non sono bastati per recuperare. Nel 2017 eravamo ancora del 5 per cento sotto il livello del 2007, a 1.704 miliardi e dodici anni dopo, nel 2019, l’anno scorso – un anno che, guardato con gli occhi di oggi ci sembra quasi normale – eravamo ancora sotto del 4 per cento, a 1.726 miliardi. Quanto ci sarebbe voluto, nel 2019, a tornare al livello pre-crisi? Al tasso medio di crescita che l’Italia ha registrato fra il 1999 e il 2019, pari allo 0,45 per cento, si sarebbe dovuto aspettare il 2028, cioè 21 anni, più del doppio di quanto era occorso per recuperare in occasione degli eventi bellici del XX secolo, per raggiungere e superare il livello pre-crisi del 1997.

Vengo al punto. Quando qui oggi qualcuno si intenerisce sui cosiddetti errori del passato, sull’austerità che – signora mia – fa tanto male alla crescita, la mia sensazione è che non sappia proprio di che cosa si sta parlando. Questi dati lo illustrano: le regole dell’ #europa hanno raddoppiato il nostro tempo di recupero, hanno prolungato, hanno raddoppiato le nostre crisi, di qualsiasi natura, portandole da dieci a vent’anni. (Applausi). Ora voi siete qui, ispirati naturalmente dal vostro ideologo, che come ho già avuto modo di dirvi non è Karl Marx, ma Alberto Sordi, a raccontarci che «A me m’ha bloccato la malattia». Sarà, ma seguendo il vostro discorso, quello che ci ha bloccati, la malattia, non è il Covid, ma è, dal 1997, l’adozione del Patto di stabilità e crescita, quindi è un’altra malattia. È l’ austerità europea, è la governance economica europea, è il semestre europeo, sì, proprio quello stesso semestre che dovrà gestire i soldi del recovery. Come potrà andare a finire? Ora voi siete tutti costretti a dire quanto noi dicevamo nel 2012, cioè che l’austerità è un errore. La mia domanda è se c’era bisogno del Covid per accorgersene, quindi per sospendere le regole. La risposta è nei dati che vi ho fornito ed è no. Chi voleva vederlo lo avrebbe già potuto vedere, era già chiaro che qualcosa non andava, ma ragioniamo adesso sulle conseguenze del Covid, pro futuro.

Le ultime previsioni della Banca d’Italia dicono che quest’anno faremo il -9 per cento, un buco di 155 miliardi che ci porterà intorno a 1.571 miliardi, cioè torneremo ai valori precedenti alla malattia, perché nel 1998 il PIL italiano era più o meno lì, a 1.574 miliardi, e poi ci sarà il rimbalzo. Certo, il rimbalzo doveva essere del 6 per cento e oggi la Banca d’Italia lo quota al 3,5 per cento, ma solo se non ci sarà una crisi finanziaria, se il commercio mondiale riprenderà, se, se, se… L’unico dato che abbiamo è la crescita media che riusciamo a fare con queste regole, lo 0,45 per cento e a questo tasso di crescita annua dovremo aspettare il 2045 per rivedere il livello del PIL del 2007, cioè 38 anni. Sono 28 anni persi, quasi due generazioni”.