“Facciamo presto. Facciamo presto, Ministro, per quanto riguarda tutte quelle esigenze che la scuola in Italia aveva già da molto tempo, da anni, da quando l’emergenza Covid non era nemmeno pensabile”.
Siamo al cospetto di un profilo tecnico, ma nel senso istituzionale del termine: così, accontentiamo i sostenitori dell’una e dell’altra definizione, perché il nome accontenta, in partenza, sia i sostenitori delle competenze specifiche, sia quelli dei profili indiscutibilmente istituzionali.
Conoscitore, dall’interno, del mondo accademico, avendo percorso la trafila ricercatore – professore associato – professore ordinario – rettore di ateneo; al tempo stesso si è speso in politica con un decennale assessorato all’istruzione in Emilia Romagna, evidenziando in particolare una caratteristica nella sua operatività: la scuola, in senso lato, lui l’ha curata da un doppio angolo prospettico, essendosi occupato sia della sfera educativa che di quella amministrativa.
In questo senso, la definizione che ci piace di più utilizzare, presumendo stavolta di potercelo permettere, è quella di esperto, che ci piace sovrapporre a quella più algida di “tecnico”. Con l’aggiunta di due aggettivi: attento e competente.
La prima sensazione circa la sua nomina è che sia frutto, oltre che di stima condivisa, anche della percezione, altrettanto trasversale, che ormai per quanto riguarda la scuola non c’è più tempo: bisogna mettere mano subito al mondo dell’istruzione innanzitutto per riportarlo al presente; per istituire finalmente un trait d’union tra le generazioni che oggi siedono sui banchi (anche solo per via di metafora, purtroppo, nell’era della DAD e DDI) e il mondo del lavoro, delle opportunità, dei più variegati sbocchi professionali.
Se, da componente e rappresentante del mondo dell’istruzione, un mondo sempre più variegato e composito, dovessi indicare delle necessità al Ministro Bianchi, mi sentirei di sintetizzare il tutto in una sorta di proclama: facciamo presto. Facciamo presto, Ministro, per quanto riguarda tutte quelle esigenze che la scuola in Italia aveva già da molto tempo, da anni, da quando l’emergenza Covid non era nemmeno pensabile. Esigenze di inclusione ma anche di valorizzazione delle eccellenze (anello debole dei percorsi scolastici); di attuazione di una veicolazione efficace della percezione di un senso civico condiviso e della sua indispensabilità per il miglioramento della vita dei singoli individui, oltre che dei cittadini; di una proiezione verso le nuove professioni e le nuove tecnologie che al tempo stesso salvaguardi e attualizzi anche la sfera umanistica del sapere in Italia, vanto e traduzione eccelsa del nostro paese.
Come vede e come sa meglio di noi Signor Ministro, non abbiamo tempo nemmeno per salutare con una battuta l’era dei banchi a rotelle e degli accenti di Lucia Azzolina (che i Cinque Stelle avrebbero voluto salvare): certi della gestione più efficace possibile di ciò che resta dell’emergenza riguardante la pandemia – magari tramite i punti sviluppati dalla sua task force nella scorsa primavera e ignorati dall’ex Ministro – le chiediamo di proiettarci già oltre, Lei in testa e al seguito noi dirigenti, insegnanti, studenti e relative famiglie. La scuola era già acciaccata prima del Covid, questa potrebbe essere, nonostante l’elevata soglia di difficoltà, una occasione storica insospettabile.
Paolo Marcacci