Ormai anche i partiti dell’opposizione sembrano aver accettato il dogma di Mario Draghi, schiaffeggiati a Palazzo Chigi proprio dal premier incaricato: “L’euro è irreversibile“, e che non se ne parli più, sembrava quasi dire l’ex presidente della BCE.
Difatti ormai nessuna forza dai numeri rilevanti fa più dell’Italexit il punto principale della sua campagna elettorale. Accadeva – e non accade più – col Movimento 5 Stelle, che proponeva addirittura dei referendum popolari prima della svolta dell’Alde in Europa. Accadeva – fino a poco tempo fa – con la Lega, che però dopo il discorso di Salvini (“Io ho due figli che nascono, crescono e pensano in Europa“) ha forse visto l’anno zero di una nuova svolta europeista.
Un déjà vu agli occhi gli elettori, che però dovrebbero essere informati – al di là delle ideologie – di quanto effettivamente ci costa e ci costasse prima della pandemia (che ha aggravato il tutto) questo spirito di fratellanza europeo.
Ci ha pensato l’economista Valerio Malvezzi a snocciolarci le cifre a ‘Un Giorno Speciale’: sentite un po’ quanto versiamo e quanto prendiamo dall’Unione Europea per fronteggiare la pandemia, nonostante Mario Draghi.
“C’è una cosa che mi diverte da morire che è questa: noi dal 1990 al 2020 abbiamo pagato degli interessi sul debito pubblico. In trent’anni sapete quanto abbiamo pagato? Il valore del debito pubblico stesso.
Lo ripeto: in trent’anni di interessi, abbiamo pagato sul debito pubblico gli interessi del debito pubblico che avevamo nel 1990. In sostanza abbiamo pagato tanti interessi quanto è il valore del nostro debito pubblico attuale: su 2500 miliardi saremo ora a 2270 miliardi.
Li abbiamo pagati ad un sistema di banche private che gestiscono da tempo immemore (nel nostro paese dal 1981) la finanza del mondo.
Tutte le guerre nella storia si sono sempre fatte per poche ragioni: motivi religiosi, donne, ratti delle sabine; ma la motivazione vera era sempre l’occupazione del suolo e del denaro.
Nel momento in cui dei banchieri privati possono permettersi di ricevere questi soldi è chiaro che non glie ne frega niente di quelle che sono le politiche del mondo. Dopodiché mettono i loro uomini – come è successo in Italia – con il Presidente Draghi. Stavo dicendo “governatore”, ma è un lapsus di ciò che penso: noi abbiamo messo un banchiere a presiedere l’Italia. Punto.
E’ inutile stare a discutere: noi dovevamo dare a questa persona un primato politico perché non si è mai visto un Presidente della Repubblica che non fosse prima stato un politico. Vi dico da ora che nel 2023 noi avremo Presidente della Repubblica Mario Draghi: avremo la richiesta di tutti i partiti a Mattarella di fare un sacrificio per un altro anno (che successo con Napolitano) per poi andare a votare col nuovo Parlamento e il Presidente Draghi – nel frattempo incensato da tutti i giornali – diventerà Capo dello Stato.
Le motivazioni per cui abbiamo fatto tutto questo sono due: primo, non si può votare perché c’è il Covid. Vi ricordo che in Italia votano 1291 comuni di cui 20 capoluoghi di provincia e 6 di Regione. Non sono un virologo, ma da uomo di buonsenso non riesco a capire perché il virus entra in cabina se si vota per i parlamentari.
La seconda motivazione è che noi dobbiamo portare a casa i soldi europei e Draghi è il più bravo. Io ho fatto delle verifiche e vi dico che nel 2019 noi abbiamo dato all’Europa 17.268 milioni di euro per portare a casa 10.480 milioni di euro. A casa mia la differenza fa -6.788 milioni.
Nell’arco di vent’anni noi abbiamo perso quindi dallo stare nell’Unione Europea almeno 100 miliardi.
Ora, noi dai Recovery Funds andiamo a prendere +80 miliardi per avere -50 miliardi: fa +30 miliardi. In sei anni andiamo quindi a prendere 5 miliardi annuali. Dal momento che dall’altra parte del bilancio annuale perdiamo circa 7 miliardi, la differenza fa -2 miliardi, che moltiplicato per 6 anni fa -12 miliardi. Noi quindi abbiamo fatto tutta quest’operazione perché – se tutto va bene – perdiamo 12 miliardi.
“L’episodio di Giorgia Meloni la dice lunga”
Quell’insulto è classista, non sessista. Se voi sentite quello che dice il professore che parla di “pesciaiola che non può parlare da pari a pari con Mario Draghi”, si tratta di classismo. E’ il solito giudizio autoreferenziale dell’università che parla di sé sentendosi superiore al resto del mondo e che ritiene che il mondo debba essere governato dai professori. Noi dobbiamo tornare a dire che il mondo deve avere un governo politico: il Governo Draghi è un governo tecnico, ci sono i politici ma i ministeri chiave sono dei tecnici. Smettela di rompermi i co***ni con le balle: tutta la cosa che conta quindi, cioè gestire i soldi, ha una forte impostazione tecnica che è il piano economico dei Trenta, cioè deflazione salariale, svuotamento di piccole imprese, spostamenti dei nostri di lavoro in imprese più attrezzate a gestire il Covid, che sono le cosiddette ‘corporate‘”.