“Quando la verità non è più libera, la libertà non è più reale“. Così il poeta francese Jaques Prevért descriveva, decenni or sono, uno dei più grandi problemi che attanagliano l’informazione del nostro tempo.
Non più disinteressata, non più pluralista, non più autentica; qualità che si perdono man mano che crescono gli interessi che non coincidano con la nuda e cruda verità, ma con i sempre più palesi conflitti d’interesse che brulicano oggi nel mondo dell’editoria.
E’ questo il contesto nel quale si operano spesso le censure moderne, che non più di rado vediamo soprattutto sul web: canali streaming oscurati quando non cancellati definitivamente, o cancellazione dei profitti derivanti dalle pubblicità. Un modo di dire “stai zitto” più indiretto, ma altrettanto efficace.
E’ quanto denunciato da Fabio Duranti a ‘Un Giorno Speciale’, in seguito a quanto scrive Google a nostro indirizzo: due articoli contestati con la motivazione di essere “dispregiativi e pericolosi” . Ma è effettivamente così?
I lettori valuteranno secondo proprio giudizio, ma difficilmente un’intervista al Prof. Pietro Luigi Garavelli, Primario della divisione di Malattie Infetive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, che spiega dell’efficacia dell’ivermectina contro il Covid e un’analisi storica del Prof. Eugenio Capozzi possono ledere alla altrui sensibilità.
E’ questo il futuro della libera informazione? Destinata a scomparire?
Sentite il commento di Fabio Duranti ai microfoni di Francesco Vergovich.
“Alla base di una democrazia c’è la libera informazione, che deve essere regolamentata in qualche modo. Ci deve essere però anche la voglia del paese di poter disporre di mezzi liberi, indipendenti. Almeno sai che quel mezzo non rappresenta nessun partito, nessuna area criminale, nessuna area politica o ideologica.
Negli anni 70′-80′ il mondo occidentale ha fatto a gara a far moltiplicare i mezzi indipendenti. Successivamente quelli che sono diventati grandi sono stati tutti acquistati da chi ha detto “ora vi abbiamo fatto giocare, ma adesso vogliamo il pensiero unico”.
Quelli più importanti sono quindi stati acquistati, quelli più fastidiosi hanno provato a comprarli – lo hanno fatto anche con noi – e molti hanno rifiutato gentilmente, mentre altri hanno ceduto. Quelli che hanno rifiutato sono adesso oggetto d’attacco. Siamo rimasti gli ultimi a rompere i co***oni a questa gente che vorrebbe che il pensiero unico scivolasse via libero.
Ora parlare con il Professor Garavelli di studi scientifici, a detta di questi cialtroni, significa essere dispregiativi e pericolosi: se non rimuovi l’articolo – fanno sapere – la pubblicità è bloccata su tutto il sito.
Questi cialtroni ti dicono che sei un abusivo, in Italia funziona così. Ma alla gente sta bene perché, come si dice, “che me frega, stasera mi vedo Netflix e chi se ne frega di Radio Radio”. Questo è quello che in genere accade.
Il Professor Garavelli ha pubblicato 500 articoli su riviste scientifiche, e ha un H-Index di tutto rispetto.
Però quello che dice uno scienziato dalla grandissima reputazione sarebbe “dispregiativo e pericoloso”.
Io quando non sono d’accordo non mi permetto di dire a qualcuno che non deve dire quella cosa, altrimenti gli tolgo i soldi o lo faccio chiudere. Lo contesto, casomai. Non gli punto la pistola in testa: mi metto a tavolino e discuto.
Lo Stato italiano ha concesso a questi cialtroni di entrare a casa nostra e di fare queste violenze ai nostri concittadini. Vallo a fare in altri paesi, dove hanno bloccato Facebook e Google, dove gli hanno risposto di non continuare a rompere i co***oni ai loro concittadini.
Questi cialtroni sono dei ladri che non pagano nemmeno le tasse qui da noi, ma è tutto a posto. Poi noi invece siamo quelli abusivi, dannosi, pericolosi soltanto perché diamo parola agli scienziati?
Come si può continuare ad accettare una tale violenza? E’ chiaro che c’è la complicità di tutti i poteri dello Stato. Come fa a non alzasi nessuno a dire “non lo puoi fare!” in un paese civile?
Una volta si aiutavano i mezzi indipendenti, adesso tutto è cambiato: noi dobbiamo essere soppressi secondo questa gente. Ma lotteremo fino in fondo e conteremo quanta gente sarà con noi in questa battaglia.
Noi chiediamo ai governi, alla Magistratura, a chi ha il potere in questo paese – se esiste ancora – di proteggere le persone che vogliono lavorare, non di metterle in condizione di elemosinare il lavoro come già accade a causa delle chiusure in gran parte del paese.
Non chiedeteci di elemosinare il diritto che sta al primo posto della Costituzione, che è quello al lavoro, o il 21, cioè la libera informazione. Voi ci state chiedendo di elemosinarvi il diritto al lavoro, ma lavoriamo solo se facciamo quello che dite voi: questo non hanno avuto la faccia di farlo neanche novant’anni fa“.