“Chiudere l’Italia basandosi sull’indice Rt non ha senso! Lo dicono gli autori dello studio” ▷ Prof. Maruotti

L’Italia “veste” di rosso. Il Governo, sulla base delle indicazioni e delle sollecitazioni provenienti dal Comitato tecnico scientifico, da qualche giorno vive una chiusura quasi generale che tanto ricorda i giorni vissuti esattamente un anno fa. 365 giorni dopo, nonostante la speranza riposta nei canti dai balconi al grido di ‘andrà tutto bene’, nel Paese sembra di nuovo essere calata la notte. E così sarà almeno fino a Pasqua.

Se del domani vi è sempre meno certezza, oggi qualcosa sulle decisioni calate dall’alto si può dire. Ad esempio emergono nuovi dubbi sul metodo applicato dai cosiddetti esperti per consigliare o meno ai decisori politici le misure restrittive da adottare. Il focus va fatto in questo caso sul famoso indice RT, che dei 21 parametri utilizzati dai tecnici per decidere i passaggi di colore delle regioni è forse quello più considerato.

Proprio l’utilizzo che viene fatto di questo dato è stato contestato in diretta dal professor Antonello Maruotti, professore ordinario di statistica dell’Università Lumsa, che così ne ha parlato in insieme a Fabio Duranti e Francesco Vergovich.

Ecco l’intervento del Prof. Maruotti a “Un giorno speciale”.

“C’è un problema nella gestione dei dati legati alla pandemia. Cioè, le decisioni che vengono prese sono prese su una serie di indicatori che vengono monitorati. Di cui il famoso RT, questo indice che ormai è sulla bocca di tutti, gioca un ruolo primario. E purtroppo, ma questo avviene sempre quando ci si basa su un modello statistico, ci sono diversi modi per stimare RT. Al variare del modello otterremo stime di RT completamente diverse ed è quello che succede.

Il modello utilizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, o meglio dalla Fondazione Bruno Kessler per conto dell’Istituto Superiore di Sanità è un modello che in epidemiologia si conosce già da una decina di anni. Ha del fondamento, però ha una serie di limiti strutturali che gli stessi autori del lavoro originale mettono in risalto. Tutti questi limiti non vengono conteggiati e tenuti in considerazione quando si applica RT per prendere le decisioni politiche e di sanità pubblica.

Le assunzioni sottostanti al modello che viene utilizzato per RT non sono verificate. Ci sono una serie di problematiche statistiche, metodologiche, ma i nostri decisori non ne tengono in nessuna considerazione.

Ci sono una serie di verifiche che andrebbero fatte che in realtà o vengono fatte a posteriori, come è stato per la Lombardia e ora per la Basilicata, o non vengono fatte assolutamente. Questo rende il processo sottostante RT fumoso, una scatola nera, ci dobbiamo fidare e da statistico io questo non lo posso accettare.

L’indice RT non è pensato per definire i livelli di rischio, non è pensato per colorare le regioni. L’indice RT è pensato per darci delle informazioni sull’evoluzione dell’epidemia. Prendere questi valori per poi definire livelli di rischio e quindi i colori delle regioni, lo dicono gli autori del lavoro originale che non è corretto. C’è scritto in otto pagine di appendici al lavoro originale, che evidentemente non hanno letto.

Basta leggere l’ultimo verbale del Cts di fine gennaio: tutte le previsioni, tutte le ipotesi, tutti gli scenari ruotano intorno a questo indice RT e a delle ipotesi che non sappiamo se poi vengono verificate o meno”.