Pippo, tu mi hai insegnato ad amarti! Adesso non farmi male!

Leggendo qua e là articoli sul dopo partita Benevento-Parma di ieri, vengo a conoscenza che non pochi, fra calciatori, dirigenti e tifosi, sembrerebbero essersi adeguati al concetto “Chi s’accontenta gode.”. Io, invece, ritengo che, questo tipo di condotta, limitante in partenza, non sia altro che un atteggiamento specifico dei vigliacchi. E non riesco a includere in questa categoria (a me invisa) uomini come Vigorito, Foggia e Inzaghi. Non riesco a immaginare Pippo ‘rinunciatario’ ‘sconfitto prima del fischio d’inizio’ e ‘Mister pareggio’. No! Io ho nella memoria lucida un Pippo-guerriero! Che improvvisamente si materializza dal nulla e fa un gol impossibile.

Neanche so raffigurarmi un Pasquale Ciccio Foggia, cittadino onorario della mia Reggio Calabria, ex calciatore ‘cazzuto’ della mia Reggina, come uno che si tira indietro e s’accontenta di un pareggino appena appena risicato. E per concludere, non riesco proprio a ‘vedere’ l’abile imprenditore e paterno presidente don Oreste Vigorito, mediare con qualche santo, per un ‘punticino’ squallido, in attesa di un altro e d’un altro ancora, per raggiungere la tanto ambita salvezza. Invece, li immagino, tutti e tre insieme, ad analizzare in modo equilibrato, sereno, pur se passionale, gli aspetti negativi delle partite pareggiate o perse.

Poi li visualizzo dialogando in modo ‘adulto’ con i calciatori, per tentar di rimediare in modo concreto, a certi improvvisi alti e bassi, che appaiono, psicologicamente, come un bipolarismo inguaribile e distruttivo. Io voglio credere ancora che nel Benevento, vi sia la voglia di vincere ad ogni costo, e che questo maledetto virus non sia riuscito a rovinare quell’armonia pre-covid 19, fra dirigenti e calciatori, che sono alla base delle squadre vincenti; e soprattutto che ‘il distanziamento sociale’ non abbia sbiadito la dimensione etica delle relazioni: crogiuolo in cui si forgia da tempi remoti, Nike, dea della vittoria. Quella vittoria, esemplare, gloriosa e duratura cui noi che amiamo la strega, aneliamo.

Mimmo Politanò