La Serbia che non ti aspetti. Nell’ultimo periodo sono numerosi le nazioni, extra Ue, che si sono distinte per efficienza nella campagna vaccinale o più in generale nel contrasto al coronavirus. L’ex Paese sovietico rientra proprio in questo speciale elenco. La Serbia offre infatti la possibilità di scegliere se vaccinarsi e con quale prodotto farlo, compresi i vituperati vaccini russo e cinese. La disponibilità è talmente ampia che il Governo di Belgrado di recente ha permesso di sottoporsi alle somministrazioni anche a stranieri e turisti.
Ma qual è il segreto di questo vero e proprio modello serbo? Luigia Luciani e Stefano Molinari lo hanno chiesto al giornalista de Le Iene Gaetano Pecoraro, che ha realizzato proprio un servizio sull’argomento.
Queste le parole di Gaetano Pecoraro a “Lavori in corso”.
“Il fatto che hanno una capacità di vaccini tale da poter dare la scelta ai cittadini di quale vaccino fare è una roba che francamente mi ha lasciato a bocca aperta.
Basta vedere i dati: la Serbia oggi è arrivata al 30% di immunizzazione, di vaccini sulla popolazione. Noi come Europa siamo al 14%. C’è da dire che la Serbia è un Paese di 11 milione di abitanti, noi come Europa siamo molti di più. E però non spiega come loro abbiano avuto vaccini in eccesso tanto da dare la possibilità agli stranieri di fare i vaccini.
Questo è dovuto al fatto che la formula, per come la presenta il Primo Ministro serbo, è quella di dire noi abbiamo scelto la salute anziché la geopolitica. In soldoni loro hanno preso Sputnik, hanno preso Sinopharm. Quindi vaccino russo e vaccino cinese.
C’è da chiedersi una cosa: questa situazione in Serbia è dovuta al fatto che hanno degli standard minori rispetto ai nostri europei, oppure è una questione di geopolitica?
C’è un dato che mi ha stupito. Quando ho chiesto al Primo Ministro quale percorso avessero seguito per avere lo Sputnik, lei mi ha risposto che hanno mandato i loro esperti in Russia, in tre settimane abbiamo avuto l’ok e quindi abbia iniziato ad averli. In tre settimane.
La sensazione è che come al solito in Europa ci sono i singoli Paesi a muoversi, poi però c’è un punto interrogativo che riguarda l’Unione europea.
Ascoltando i nostri tg, leggendo i nostri giornali, la sensazione è che l’Ema non si aspettasse le porte aperte spalancate su Sputnik. E invece i russi hanno fatto tutt’altro, hanno detto ‘prego, venite a vedere’.
C’è da fare una riflessione. Noi parliamo sempre dei vaccini che arriveranno. Ma se andiamo a vedere le statistiche, se andiamo a vedere i dati ufficiali del Governo in ogni regione c’è un 20% circa di dosi messe lì a disposizione che non somministriamo. In Serbia invece hanno fatto una scelta diversa. In Serbia hai 50 mila dosi? Le fai tutte. Non stai lì a calcolare.
La Serbia è uno di quei Paesi che ha investito un sacco di soldi nella digitalizzazione. Ora, l’Italia, da quanti anni è che parliamo di digitalizzazione? E’ mai possibile che non siamo in grado di avere un software unico per tutte le regioni italiane che permetta in modo semplice di iscriversi e vaccinarsi…”